Il petrolio dell’Isis nelle raffinerie sarde

Il petrolio partiva dal Medioriente, attraversava i territori devastati dal jihad dell’Isis, solcava il Mar Mediterraneo e approdava sulle coste di Sarroch, dove si trova la Saras: la raffineria tra le più grandi d’Europa. Per l’acquisto di petrolio non commercializzabile (perché non venduto attraverso i canali regolari visto che c’era una guerra in corso), venivano sborsate centinaia di milioni di euro per comprare altrettante tonnellate di greggio a prezzi di saldo.

Il petrolio dell’Isis nelle raffinerie sarde

Ecco i numeri. Dodici milioni di tonnellate di oli minerali che avrebbero consentito alla società controllata per il 40% dalla famiglia Moratti di ammazzare il mercato, grazie a prezzi d’acquisto molto vantaggiosi. Di frodare il fisco, per almeno 130 milioni di euro. E ai terroristi di Daesh di finanziare la jihad.

È il quadro descritto dai pubblici ministeri Danilo Tronci e Guido Pani nell’inchiesta per riciclaggio, falso e reati fiscali che vede sotto accusa i vertici aziendali (Franco Balsamo e Marco Schiavetti) e per finanziamento terroristico le sole società di trading internazionale che facevano da tramite per la compravendita.

Il greggio secondo le ipotesi sarebbe arrivato dall’Iraq, senza essere però gestito dal competente ente nazionale, e passato per la Turchia. Gli anni di riferimento sono quelli tra il 2015 e il 2017.

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