Guerra, materie prime e ricavi: gli hedge funds brindano

Il problema è che usare le sanzioni per tagliare i ponti con l’unico pezzo del Vecchio continente che possiede materie prime (ovvero la Russia) rischia di suonare come una condanna a morte per il sistema produttivo ed economico comunitario

Guerra, materie prime e ricavi: gli hedge funds brindano

Guerra e materie prime rappresentano un’accoppiata che, storicamente, ha consentito a pochi eletti di accumulare grandi ricchezze. Anche in questo caso, la guerra in Ucraina, la storia sembra ripetersi. Gli hedge fund che hanno scommesso sul rialzo sulle materie prime stanno registrando rendimenti fuori misura (+30% in due mesi). D’altronde, stiamo tutti assistendo al più grande rally delle commodities degli ultimi decenni.

I vincitori della scommessa, secondo il Wall Street Journal, sono il fondo Soroban Capital Partners LP, il New York Castle Hook Partners e il Pilgrim Global. Il primo di questi fondi, da febbraio ad oggi ha guadagnato diverse centinaia di milioni di dollari e, secondo il suo fondatore, ci troviamo soltanto all’inizio di un’opportunità di investimento generazionale.

In effetti, non era difficile predire che le materie prime sarebbero esplose. Dopo anni di sotto-investimenti per sviluppare nuove miniere e giacimenti, con il mondo che si sta sforzando di limitare le emissioni di CO2, gli esperti dicevano da tempo che i prezzi delle materie prime sarebbero aumentati.

Gli assets che stanno trascinando le performance di tutti questi hedge funds sono i titoli azionari di chi produce petrolio o gas, di chi produce fertilizzanti oltre a futures sulle commodities. Tutti beni aumentati vertiginosamente con lo scoppio della guerra che ha messo in crisi mercati che già soffrivano per un’offerta ristretta.

La Russia rappresenta oltre il 10% delle forniture mondiali di petrolio, gas naturale e grano. Ma è anche una delle principali fonti di potassio, un fertilizzante utilizzato dalle colture in tutto il mondo. Anche l’Ucraina è un importante esportatore di prodotti agricoli.

È voce quasi unanime tra i traders che sarà molto difficile, se non impossibile, sostituire le materie prime che sono state rimosse dal mercato con le sanzioni. Tutto ciò in un contesto in cui le riserve globali sono molto basse a causa di una diminuzione delle spese in conto capitale nel settore. Quanto ci vorrà per riuscire a rendere operativi nuovi progetti su larga scala? Anni, forse decenni.

Il punto è che usare le sanzioni per tagliare i ponti con l’unico pezzo del Vecchio continente che possiede materie prime (ovvero la Federazione russa) suona come una condanna a morte per il sistema produttivo ed economico comunitario.

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