Il governo di Nicolás Maduro e l’opposizione del Venezuela hanno ripreso i colloqui a Città del Messico e hanno chiesto congiuntamente che 3 miliardi di dollari attualmente congelati vengano sbloccati e gestiti dalle Nazioni Unite per affrontare l’emergenza umanitaria.
Contestualmente, gli Stati Uniti hanno autorizzato l’impresa petrolifera Chevron a riprendere per sei mesi l’estrazione e l’esportazione di greggio dal paese sudamericano.
Gli Usa hanno fatto capire al regime di Caracas che ulteriori allentamenti delle sanzioni sono possibili, ma sono condizionati all’andamento del dialogo con l’opposizione.
Maduro ha puntato su repressione e redistribuzione centralizzata delle (poche) risorse disponibili a livello domestico; sul piano internazionale, ha scommesso sull’indisponibilità dei suoi avversari a fare tutto il necessario per rovesciarlo. Mentre gli alleati Cuba, Cina e Russia sono rimasti fedeli (hanno fornito supporto anche la Turchia e gli Emirati Arabi Uniti).
Persino le conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina stanno generando delle esternalità positive per Caracas. La disponibilità di petrolio venezuelano fa particolarmente gola agli Stati Uniti in un momento in cui i rapporti tra Washington e i due principali esportatori (Arabia Saudita e Russia) sono compromessi.