Italia, i crediti inesigibili ‘affogano’ i Comuni. Cosa fare? Come uscirne?

Secondo il ministro dell’Economia ammontano a circa il 40% (tra i crediti complessivi) quelli di difficile esigibilità. Ma un’analisi di ‘quoted business’ basata sull’osservazione dei conti di tutti i Comuni evidenzia che i dati sono ben più significativi. Scopri in quale situazione si trova il tuo Comune.

I crediti inesigibili ‘affogano’ i Comuni. Cosa fare? Come uscirne

Il problema dei crediti di dubbia esigibilità è diventato un cancro per l’economia moderna. Il fenomeno ha guadagnato posizioni nell’agenda dei punti di debolezza dopo il crac di Lehman Brothers e la grave crisi finanziaria del 2008. Da quel momento il sistema creditizio e finanziario è finito sotto i riflettori. I dati hanno fatto il resto, mettendo in evidenza quanto sia rilevante il problema nel nostro paese, le cui banche hanno da lungo tempo in pancia una quantità rilevante, soprattutto rispetto ai principali competitors europei, dei cosiddetti Npl (i crediti deteriorati). A quel punto non è intervenuta la mano invisibile del mercato, teorizzata da Adam Smith, bensì una magia. La soluzione escogitata è stata quella di far confluire progressivamente gli Npl in una ‘bad bank’. In un colpo solo, anzi ci vorranno ancora altri colpi visto che il problema non può dirsi ad oggi risolto, magicamente, i crediti di dubbia esigibilità hanno cominciato a migrare dai bilanci delle banche e degli altri intermediari finanziari, ripulendoli.

Qualcuno potrebbe pensare: perché non applicare lo stesso schema agli Enti locali visto che anch’essi hanno rilevanti difficoltà con questa tipologia di crediti? Non trattandosi di imprese private, la questione delle difficoltà finanziarie dei Comuni è più complessa. E non basta un mago, neanche se è ‘economicamente’ qualificato. Entriamo nel dettaglio. Il ministro dell’Economia l’8 ottobre 2021 ha relazionato al Parlamento circa lo stato dei crediti non riscossi “ai fini di una ridefinizione della disciplina legislativa dei crediti di difficile esigibilità”. Dalla Relazione emergono elementi che possono essere ricondotti, tra l’altro, principalmente alla gestione del magazzino dei crediti fiscali che, come dimostrato dai dati sui crediti non riscossi, anche nel confronto internazionale, è risultata poco efficiente, sia per cause legate all’attuale assetto normativo, sia per l’esistenza di una consistente parte di crediti ormai inesigibili.

I dati emersi dalla relazione sono tutt’altro che positivi. Ecco cosa emerge:

• alla fine del 2020 la consistenza del magazzino crediti (carichi residui iscritti a ruolo) ha raggiunto oltre 999 miliardi di euro;

• circa 400 miliardi di euro risultano difficilmente recuperabili;

• circa 343 mld di euro, 34,40% del totale, ha una ‘anzianità’ maggiore di 10 anni;

• circa 56 mld di euro sono crediti di importo inferiore a 1.000 euro che impongono di valutare il rapporto costi/benefici rispetto alle operazioni di recupero;

• circa 18 milioni di contribuenti sono in debito col fisco, di cui ben 15 mln sono persone fisiche, delle quali 2,5 mln hanno attività economiche;

• dei carichi residui di competenza statale ben 133 mld sono dovuti da soggetti deceduti e ditte cessate, mentre altri 152 mld da soggetti con procedura concorsuale in corso.

Numeri crudi e impietosi che impongono di trovare una soluzione. Una delle possibilità indicate nella relazione è quella dell’alleggerimento del magazzino attraverso il discarico dei crediti inesigibili che permetterebbe, invece, di liberare una parte delle risorse umane dell’Agenzia delle entrate-riscossione, attualmente impegnate nell’operazione di recupero dei crediti, da impiegare nella prevenzione e nel contrasto all’evasione, attraverso l’interazione delle banche dati a disposizione dell’amministrazione finanziaria, ovvero la banca dati della fatturazione elettronica, la banca dati dell’anagrafe tributaria e l’anagrafe dei rapporti finanziari per le giacenze sui conti correnti.

A rigore di logica un’idea che sembra poter funzionare. Ma quali sarebbero i risvolti? Ad oggi gli Enti locali si trovano a dover far fronte ai crediti di difficile esazione attraverso accantonamenti consistenti. Questi crediti caratterizzano in negativo i bilanci comunali. Infatti ad oggi risultano da incassare crediti per circa 31,713 mld di euro (la tab. 1 in allegato riporta i dati aggregati a livello provinciale). Di questi, ne risultano accantonati a Fondo crediti dubbia esigibilità, su base nazionale, 22,927 mld.

Tenendo conto dei numeri illustrati dal ministro dell’Economia, ed applicando la percentuale di inesigibilità del 40,04%, circa 13,0 mld di crediti iscritti nei bilanci comunali sono inesigibili e quindi, a norma dei principi contabili del D.Lgs. 118/2011, andrebbero eliminati dai rendiconti di bilancio, determinando cosi un forte squilibrio finanziario.

Infatti dai dati della BDAP, si evidenzia che al 31.12.2020 i Comuni italiani che presentato un disavanzo di amministrazione sono 819, pari al 10,38% del totale (la tab. 2 in allegato riporta i dati aggregati a livello provinciale).

Dall’analisi dei bilanci però emerge che circa 2.551 comuni hanno effettuato un accantonamento a FCDE, dei crediti del Titolo I e III da riscuotere e conservati in bilancio al 31.12.2020, inferiore alla percentuale di inesigibilità dichiarata dal Ministro.

Pertanto incrementando tale accantonamento fino alla soglia percentuale del 40,04% la situazione sarebbe totalmente differente e molto peggiorativa per le finanze comunali. Infatti i comuni in disavanzo di amministrazione salirebbero a 1.370, pari al 17,37% del totale, con in testa i comuni del Lazio e della Campania rispettivamente con il 53,70% ed il 35,09%.

Ma c’è un fatto ancora più rilevante: la sommatoria finale di tutti gli avanzi/disavanzi di amministrazione degli Enti passerebbe da un saldo positivo di 221 mln ad un disavanzo di -131 mln. Entrando nel dettaglio e disaggregando i dati a livello comunale emerge uno scenario che in alcuni casi raggiunge livelli particolarmente preoccupanti, come si evince chiaramente dalla tab. 3 (in allegato) che riporta i dati per tutti i Comuni del nostro paese e di seguito proposti in forma aggregata per le voci tributi, proventi dall’attività di controllo, vendita di beni e servizi in riferimento alla gestione dei beni.

TRIBUTI (IMU, TASI, TARI, ADD. COMUNALE IRPEF, ETC.) DA INCASSARE AL 31.12.20: 19.807.945.024,82 EURO

PROVENTI DALL' ATTIVITÀ DI CONTROLLO (SANZIONI CODICE DELLA STRADA, ETC.) DA INCASSARE AL 31.12.20: 6.932.879.957,86 EURO

VENDITA BENI SERVIZI GESTIONE DEI BENI (MENSE, ASILO NIDO, SCUOLABUS, AFFITI, ETC.) DA INCASSARE AL 31.12.20: 4.973.092.773,46 EURO

A questo punto è del tutto evidente che il sistema necessita di una profonda e organica revisione sia dal punto di vista della riscossione, da intendersi come complemento essenziale della riforma più generale del sistema tributario italiano, sia del sistema contabile degli Enti locali con una revisione dei principi contabili connessi alla gestione dei crediti e dei relativi accantonamenti nei bilanci, tenendo conto del giusto equilibrio tra risorse da stanziare in bilancio, difficoltà di riscossione ed accantonamenti da operare in sede di rendiconto.

Il che ci riporta al documento (proposto in allegato) presentato dal ministro dell’Economia, il quale indica un percorso di ‘riforma’ dei criteri per la revisione del meccanismo di controllo e di discarico dei crediti non riscossi articolato in 20 punti: saranno sufficienti per riportare i Comuni sulla ‘retta via’?


Tab.-1-Avanzo-Disavanzo-2020-dei-Comuni.pdf
Tab.-2-Ricalcolo-Avanzo-Disavanzo-2020-dei-Comuni.pdf
Tab.-3-Crediti,-FCDE-e-Avanzi-Disavanzi-dei-Comuni.pdf
Relazione-del-Min.-dell’econ.-e-delle-fin.-sui-criteri-per-la-revisione-del-meccanismo-di-controllo-e-di-discarico-dei-crediti-non-riscossi.pdf
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