L’economia irlandese è nelle mani di un gruppo di multinazionali

L’Irlanda è a tutti gli effetti un paradiso fiscale che ora vuole regalarsi un fondo sovrano

L’economia è nelle mani di un gruppo di multinazionali
Killarney, Irlanda

Google, Apple, Meta, Microsoft, Pfizer, Johnson&Johnson e Amazon hanno tutte la propria sede in Irlanda. Non si sono lasciate sfuggire il trattamento fiscale di favore a loro destinato (un’aliquota fissa pari al 12,5 per cento) da Dublino.

Il ricavato delle loro tasse potrebbe presto confluire in un nuovo fondo sovrano. È quanto emerge da un documento sottoposto al Parlamento dal ministro delle Finanze, Michael McGrath.

Nella classifica dei paradisi fiscali stilata da Tax Justice Network, l’Irlanda è undicesima. I settori dominati dalle multinazionali estere valgono più della metà del Pil dell’isola e contribuiscono a circa un quarto del gettito fiscale.

Nel 2022 è stato toccato il record di 22,6 miliardi di euro di introiti fiscali, con un +48 per cento sull’anno precedente. Cifre rilevanti, ma in realtà sottratte ai Paesi in cui i ricavi hanno origine e ottenute grazie a un dumping fiscale di notevole proporzioni.

Prima che il vento favorevole cominci a soffiare altrove, l’esecutivo di Dublino vorrebbe ora indirizzare questo fiume di denaro in un fondo sovrano (l’ipotesi del ministero riguarda un investimento di 12 mld di euro l’anno fino al 2030, con un tasso di rendimento reale del 5 per cento), sebbene in Irlanda un fondo sovrano già esista: vale circa 6 miliardi, investiti in titoli di Stato a basso rischio.

L’Irlanda, che conta 5 milioni di abitanti, può permettersi di valutare questa scelta anche perché è in un periodo economicamente positivo. Il Paese è stato tra i pochi in Europa a chiudere il 2022 con un avanzo positivo di bilancio.

Ma al tempo stesso la speranza di vita aumenta, gonfiando le spese sanitarie, sociali e previdenziali per le fasce di popolazione più anziane. E, soprattutto, a partire dal 2024, prenderà il via l’iter di riforma voluto dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico per far sì che tutti i Paesi applichino alle multinazionali un’aliquota pari almeno al 15%.

A quel punto, i colossi potrebbero darsela a gambe. Un bel rischio per un Paese che mette una quota significativa del proprio gettito fiscale nelle mani di una dozzina di soggetti privati esteri. Tanto vale, sfruttando la possibile fugacità del momento, puntare subito su un secondo fondo sovrano.

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