
Nel 2024 in Italia sono nati 369.944 bambini, il 2,6% in meno rispetto all’anno precedente. Quasi 10mila nascite in meno in dodici mesi. È l’ennesimo capitolo dell’“inverno demografico” che prosegue ininterrotto dal 2008: in sedici anni il Paese ha perso quasi 207mila nascite (-35,8%), mentre la fecondità media è scesa a 1,18 figli per donna, uno dei valori più bassi in Europa. A pesare, oltre alla bassa propensione ad avere figli, è la diminuzione dei potenziali genitori, cioè delle generazioni nate dagli anni Settanta in poi.
Le eccezioni che sorprendono: Valle d’Aosta, Trento e Bolzano
Eppure, nel freddo panorama statistico, emerge un dato controcorrente: ci sono tre territori dove le nascite aumentano.
Valle d’Aosta (+5,5%), Provincia di Bolzano (+1,9%) e Provincia di Trento (+0,6%) sono le uniche aree italiane in controtendenza, secondo i dati diffusi dall’Istat. Tre realtà di montagna — e tutte a statuto autonomo — che sembrano sfuggire al declino demografico nazionale.
Montagna, autonomia e qualità della vita: il “triangolo della natalità”
Cosa accomuna queste province? Oltre a un alto livello di servizi pubblici, sono anche tra le migliori aree italiane per qualità della vita, secondo diversi indicatori nazionali.
Negli ultimi anni, inoltre, è aumentato il numero di chi sceglie di vivere in zone montane, attratto da ritmi più sostenibili, smart working, aria pulita e costi della vita più contenuti.
Nascite stabili tra le coppie miste
Un altro elemento di tenuta arriva dalle coppie con almeno un partner straniero, che mostrano una natalità più stabile rispetto alla media nazionale. Segno che l’integrazione demografica, in un Paese che invecchia, potrebbe diventare una risorsa strutturale per sostenere la popolazione attiva e il futuro del welfare.
Meno giovani, meno lavoratori: l’altra faccia del problema
Il calo delle nascite si traduce anche in una minore offerta di forza lavoro. Sempre più imprese faticano a trovare manodopera qualificata, mentre la popolazione attiva si restringe. Una tendenza che, se non invertita, rischia di minare la sostenibilità dei sistemi pensionistici e la competitività del Paese.
Il futuro parte (forse) dai territori che resistono
Valle d’Aosta, Trentino e Alto Adige raccontano che un’altra Italia è possibile. L’inversione di rotta non è impossibile. Ma, come mostrano i dati, richiede politiche mirate, coraggio e visione di lungo periodo.