La Banca centrale svizzera chiude l’anno con una perdita di 140 miliardi di euro

La Banca centrale chiude l’anno con una perdita di 140 mld di euro

Un bel buco: il più grande in 126 anni di storia. È quello che si è creato nella Banca centrale svizzera (Bns) che ha chiuso in perdita per 132 miliardi di franchi svizzeri (poco meno di 140 mld di euro). D’altronde, la piega ribassista presa dalle Borse internazionali suonava come una condanna già scritta per una banca centrale che assomiglia piuttosto a un hedge fund.

Se nella lunga fase di politiche monetarie espansive Bce e Fed hanno comprato bond sovrani per contrastare le varie crisi, l’istituto elvetico si è piuttosto legato con i mercati azionari acquistando in quantità ingenti titoli per temperare il rafforzamento della valuta nazionale. Anche se più di recente, per combattere un’inflazione che si aggira attorno al 3%, il presidente Thomas Jordan ha dato l’ordine di cominciare a ridurre le riserve valutarie e, nel 2022, i tassi di interesse sono stati aumentati tre volte.

Il bilancio non è però cambiato. Soprattutto nella parte che evidenzia un rosso sulle posizioni in valuta estera di circa 131 miliardi di franchi, non controbilanciato dalla plusvalenza di 400 milioni sulle disponibilità in oro. La Bns ha dunque pagato l’esposizione azionaria in dollari verso soprattutto le FAANG, ovvero Facebook, Apple, Amazon, Netflix, e Google (Alphabet), i colossi in difficoltà di Wall Street.

In base agli ultimi dati resi noti dalla Sec (la Consob statunitense), nel maggio 2021 Berna denunciava di avere in portafoglio 2.500 titoli della Corporate America e di possedere un controvalore di azioni Apple pari a 8,5 mld di dollari. E poi: circa 6 mld erano investiti in Microsoft, 5,2 in Amazon, 2,5 in Facebook, quasi 2 in Tesla e poco meno di 1 in Netflix. Un’esposizione ingente che si è trasformata in una relazione pericolosa in seguito alla parabola discendente subita dal settore hi-tech.

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