A conferma della prudenza con cui i banchieri centrali di tutto il mondo guardano al ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, la Bank of Japan ha lasciato invariati i tassi di interesse allo 0,25%.
La decisione era attesa ed è stata raggiunta quasi all’unanimità con uno solo dei nove membri del board che avrebbe invece preferito un rialzo allo 0,5% per cercare di ridurre le pressioni inflazionistiche in un Paese largamente dipendente dalle importazioni di energia e generi alimentari.
Poco prima anche la banca centrale statunitense ha comunicato le proprie decisioni. La Federal Reserve ha ridotto i tassi d’interesse di 25 punti base al 4,25%-4,50%, come ampiamente previsto dagli analisti.
La stretta è comunque destinata a frenare nei prossimi mesi. Il comunicato ufficiale, che ripropone parola per parola quello diffuso a il 7 novembre, presenta una sola modifica: il Fomc valuterà non semplicemente «i prossimi aggiustamenti» al costo ufficiale del credito, ma “le dimensioni e i tempi” dei prossimi aggiustamenti.
Le proiezioni di dicembre confermano questa ipotesi. I “dots”, i punti che indicano le previsioni dei singoli componenti del Fomc, mostrano in mediana, per fine 2025, un tasso ufficiale del 3,75%-4%, mentre a settembre mostravano un 3,25-3,50%. L’anno prossimo, dunque, la stretta sarà di soli 50 punti base e non di 100 come inizialmente previsto. Per il 2026, le proiezioni indicano conseguentemente un 3,25-3,50%, contro un 2,75-3% di tre mesi prima.
Sono indicazioni coerenti con le proiezioni macroeconomiche dei governatori. La Fed prevede un’inflazione più elevata rispetto a tre mesi prima: l’indice risulterà nel 2025 in crescita del 2,5% (contro il 2,1% di settembre), mentre rallenterà al 2,1% (2,0%) nel 2026 e al 2,0% nel 2027.
Le proiezioni sulla crescita sono rimaste sostanzialmente invariate, tranne che per quest’anno: viene indicata al 2,5%, contro il 2% di settembre. L’anno prossimo rallenterà al 2,1% (contro il 2% di tre mesi prima), e si manterrà a questa velocità nel 2026. Nel 2027 potrà leggermente rallentare all’1,9%, mentre la crescita di lungo periodo è stata confermata nell’1,8%.