Putin e Juncker hanno qualcosa in comune. Mosca flirta con l’euro?

L’idea russa di passare agli euro negli scambi con l'Ue sarà probabilmente costosa da attuare, ma per Mosca rappresenta l'opportunità più realistica per attuare la de-dollarizzazione

Putin e Juncker hanno qualcosa in comune. Mosca flirta con l’euro?

L'Ue e la Russia hanno forti legami bilaterali: Mosca è il quarto partner commerciale di Bruxelles, mentre l'Unione è il primo per la Federazione. Anche se gli scambi sono diminuiti dal 2014, in seguito alle sanzioni imposte alla Russia dall’Ue per il conflitto in Ucraina, il commercio tra i due paesi si attesta ancora a 230 miliardi di euro l'anno. E Mosca rimane il principale fornitore di gas naturale e petrolio per Bruxelles.

Al contempo, Vladimir Putin sta tentando da qualche mese la via della de-dollarizzazione. L’idea diffusa a Mosca è che non è accettabile l’uso del dollaro da parte di Donald Trump come fosse un’arma da puntare contro i nemici di turno. E per questo la Russia starebbe pensando di sostituire la valuta Usa con l’euro come moneta di riferimento nelle transazioni con i paesi dell’Ue.

Ma l’idea si scontra con alcuni aspetti pratici, non di poco conto. La stragrande maggioranza degli scambi di petrolio è ancora denominata in dollari. Inoltre, la liquidità cumulata di euro e rublo è bassa. Il dollaro rappresenta l'87% di tutte le transazioni in valuta estera a livello globale, mentre il ruolo dell'euro nei mercati valutari continua a diminuire dall'inizio della crisi del debito sovrano nell'area dell'euro nel 2010: la quota di mercato è scesa al 31% ad aprile 2016. Inoltre, la liquidità in rubli è diminuita drasticamente da quando le sanzioni sono entrate in vigore. Ciò significa che i costi aumenterebbero a causa dell'introduzione del rischio valutario nei contratti commerciali. Fino al paradosso che una società o una banca potrebbe decidere di coprire il maggior rischio derivante dall'esposizione in euro o in rubli rispetto ai benchmark petroliferi quotati in dollari.

Tuttavia, nonostante le difficoltà, il passaggio all'euro negli scambi con l’Ue rappresenta l'opportunità più realistica per la Russia verso la de-dollarizzazione. Le autorità russe stanno prendendo in considerazione anche altre opzioni. Putin sta negoziando con i principali partner commerciali l’utilizzo delle valute nazionali negli scambi. Ma non si scorgono all’orizzonte soluzioni rapide. Ad esempio con la Cina soltanto l'8% delle transazioni è in renminbi, il 22% in rubli e quasi il 70% in dollari.

Putin sembra comunque voler fare sul serio, come dimostra la riduzione drastica dell’esposizione di Mosca rispetto ai titoli del debito pubblico di Washington, scesa attualmente a soli 15 miliardi di dollari. E può ora puntare su un alleato inaspettato. "È assurdo che l'Ue paghi l'80% dei dazi sull'energia importata - 300 miliardi di euro l'anno - in dollari statunitensi quando solo il 2% dell'energia proviene dagli Stati Uniti", ha detto il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker.

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