Copiare infatti un vaccino a mRna (come Pfizer e Moderna) o a vettore virale (AstraZeneca e Johnson&Johnson) rimarrà anche in futuro un’impresa ardua. Questi vaccini sono basati su nuove tecnologie. Per produrli su larga scala serve, oltre al brevetto, il know how indispensabile per progettare l’intero processo produttivo. Competenze che ad oggi sono appannaggio di poche aziende. Senza la loro collaborazione, il trasferimento tecnologico verso altre imprese sarà di fatto impossibile.
Tuttavia, liberare i vaccini dai brevetti è comunque un primo passo senza il quale ogni possibilità di allargamento della produzione sarebbe stata impensabile. In secondo luogo, la svolta di Washington non danneggerà gli interessi economici in campo.
Rimuovere i brevetti sui vaccini è possibile perché i profitti dei colossi del farmaco non si fondano (solo) sul monopolio, ma anche su una capacità di innovazione che non può essere facilmente imitata. Dunque non è vero che senza i brevetti finisce lo stimolo ad innovare. Al contrario: i brevetti in campo farmaceutico servono soprattutto ad alzare artificiosamente il valore di prodotti ormai maturi, rendendoli inaccessibili ai più poveri.
La decisione di Biden non implica dunque il superamento del capitalismo. Ma mostra la praticabilità di un diverso modello di innovazione in cui le invenzioni utili, oltre a garantire profitti, possano diffondersi più velocemente senza attendere la durata ventennale dei brevetti.