Il tradimento della Turchia. Vola il commercio “fantasma” con la Russia

Tra i beni esportati anche 45 materiali civili utilizzati dalle forze armate russe che rischiano di inficiare i tentativi statunitensi ed europei di limitare la capacità di Mosca di equipaggiare il proprio esercito

Il tradimento della Turchia. Vola il commercio “fantasma” con la Russia

Sono aumentate sensibilmente le esportazioni turche verso la Russia di “beni vitali”, alimentando così le preoccupazioni degli Stati Uniti e dei loro alleati che il Paese agisca da tramite per prodotti sensibili provenienti dai loro stessi produttori.

Il crescente commercio, e il corrispondente aumento delle importazioni in Turchia di 45 materiali civili utilizzati dalle forze armate russe, ha inficiato i tentativi statunitensi ed europei di limitare la capacità di Mosca di equipaggiare le proprie forze armate, alimentando le tensioni tra Ankara e i partner della Nato (la Turchia può contare peraltro sul secondo esercito per dimensioni tra i Paesi aderenti all’Organizzazione atlantica).

Gli sforzi per eliminare questo commercio fantasma verso la Russia (i prodotti vengono trasportati direttamente nella Federazione anche quando sono etichettati come destinati a un altro Paese) sono stati complicati dal fatto che gli articoli hanno applicazioni sia commerciali che militari.

Nei primi nove mesi del 2023, la Turchia ha registrato 158 milioni di dollari di esportazioni di 45 beni che gli Stati Uniti elencano come “ad alta priorità” verso la Russia e cinque Paesi ex sovietici sospettati di agire come intermediari per Mosca. Si tratta di un livello tre volte superiore a quello registrato nello stesso periodo del 2022, quando è iniziata la guerra in Ucraina.

Le 45 categorie di merci, che comprendono articoli come microchip, apparecchiature per le comunicazioni e parti come i mirini telescopici, sono soggette a controlli sulle esportazioni di Stati Uniti, Ue, Giappone e Regno Unito, volti a impedirne l’ingresso in Russia.

Ma questi controlli possono essere aggirati dalle aziende che utilizzano strutture di intermediazione per mascherare le destinazioni finali. Le importazioni turche di beni ad alta priorità dai Paesi del G7 sono aumentate di oltre il 60 per cento quest’anno rispetto agli stessi periodi del 2015 e del 2021, raggiungendo quasi 500 milioni di dollari.

Secondo Emily Kilcrease, direttrice del Programma Energia, Economia e Sicurezza presso il think tank Center for a New American Security, il commercio prospera sfruttando le lacune normative tra i controlli sulle esportazioni degli Stati Uniti e l’applicazione dell’Ue.

Dal punto di vista ufficiale, invece, i dati della Turchia hanno registrato un aumento delle dichiarazioni di esportazione di beni ad alta priorità verso i Paesi ex-sovietici Azerbaigian, Georgia, Kazakistan, Kirghizistan e Uzbekistan, ma gli uffici statistici nazionali di questi Paesi non hanno registrato un analogo incremento delle importazioni, evidenziando che i prodotti segnalati dalla Turchia come destinati agli intermediari sono stati invece trasportati direttamente in Russia.

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