
Emmanuel Macron ha annunciato davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina. Un gesto definito “storico” e pensato, secondo l’Eliseo, come “contributo concreto a un futuro di pace”.
La decisione è maturata durante una conferenza organizzata a New York insieme all’Arabia Saudita e ha subito spinto altri undici Stati membri dell’Unione Europea ad accodarsi al riconoscimento.
La reazione di Washington
Gli Stati Uniti hanno bollato l’iniziativa come un “atto puramente simbolico”, accusando Parigi e i paesi europei alleati di minare i negoziati diretti tra Israele e Palestina. Donald Trump, in linea con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, ha parlato di una scelta “inutile e pericolosa”.
Roma divisa e Meloni assente
Il governo italiano si è presentato spaccato all’appuntamento. La premier Giorgia Meloni non ha partecipato all’evento, mentre il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha definito la mossa francese “un regalo a Hamas”, sottolineando che “prima di riconoscere uno Stato bisogna che questo esista davvero e che sia in grado di garantire sicurezza”.
La frattura
Con il riconoscimento da parte di Francia, Irlanda, Portogallo, Spagna e altri paesi Ue, oltre a Australia, Canada, Gran Bretagna, Norvegia e Svizzera, si delinea una frattura all’interno dell’Occidente. L’Unione Europea appare divisa tra chi ritiene il riconoscimento uno strumento politico per accelerare il processo di pace e chi, come Italia e Germania, preferisce attendere un negoziato concreto.
E adesso?
La scelta di Macron apre un nuovo fronte diplomatico: da un lato rafforza il sostegno europeo a una soluzione a due Stati, dall’altro aumenta la tensione con Washington e Tel Aviv. Sul terreno, nel frattempo, la situazione resta drammatica: Gaza sotto assedio, Cisgiordania frammentata e nessun dialogo reale in corso.