Navalny o Nord Stream 2: Germania al bivio

Le vicende del gasdotto russo-tedesco e dell’oppositore di Putin sono legate a doppio filo. Berlino non può più nascondersi: deve decidere se assumere la guida dell’Europa o rimanere sotto l’ombrello degli Stati Uniti.

Navalny o Nord Stream 2: Germania al bivio

L’epopea di Alexey Navalny e quella del gasdotto Nord Stream 2 fanno parte della stessa partita. Quella per l’affermazione della sovranità dell’Europa a guida tedesca a discapito degli interessi geopolitici degli Stati Uniti. Nate e sviluppatesi in tempi e contesti differenti, le due questioni si sono legate a tal punto da rendere gli sviluppi della seconda vincolati a quelli della prima.

Fino allo scorso agosto sembrava che nulla più potesse bloccare l’imminente inaugurazione del gasdotto sottomarino (infrastruttura quasi completata) che collega l’oblast’ di Leningrado alle coste tedesche. Poi, dopo la vicenda Navalny, qualcosa è cambiato.

I tedeschi stanno ora studiando misure come bloccare il tubo nel caso in cui Mosca minacci l’Ucraina o ritardare l’inaugurazione fino a quando il Cremlino non si mostrerà più condiscendente. E gli americani promettono di minimizzare le sanzioni. Non di cancellarle.

Allo stesso tempo, Berlino guarda proprio a Washington oltre che a Mosca. Peter Beyer, coordinatore delle relazioni transatlantiche del governo di Berlino, ha offerto agli Stati Uniti di lavorare “con la Germania e l’Europa” a un accordo commerciale che abolisca i dazi sui prodotti industriali, a riformare la World Trade Organization per fare pressione sulla Cina e a un sistema congiunto di gestione delle emissioni.

È la prima base negoziale che Berlino articola nei confronti dell’amministrazione Biden. Tutte e tre sono offerte tipicamente tedesche che rivelano quanto la Repubblica Federale voglia proteggersi dagli Stati Uniti.

Innanzitutto, Berlino approfitta della promessa di Biden di riparare le alleanze per invitarlo a “ricostruire la fiducia” cancellando i dazi punitivi introdotti da Trump sull’acciaio e sull’alluminio europei (in particolare tedeschi). Solo dopo si negozierà un accordo commerciale di libero scambio solo sui beni industriali, lasciando la più controversa agricoltura al futuro.

La Germania poi segnala di voler affrontare Pechino unicamente in ambito economico e attraverso un’organizzazione multilaterale (riformando la Wto, l’organizzazione che non piace soprattutto a Washington). Niente alleanze ad hoc, nessuna menzione sulla tecnologia, men che meno sugli impegni militari nell’Indo-Pacifico.

Infine, gestire assieme le emissioni serve a evitare che gli Usa dettino l’agenda climatica della transizione energetica. Strumento usato per colpire l’industria tedesca. Non a caso questa specifica proposta viene dritta dalla Bdi, la Confindustria teutonica. Biden e i suoi potrebbero anche accettarla. Il braccio di ferro green con la Germania si sposterebbe semplicemente più in profondità.

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