L'obiettivo reale dei dazi imposti da Trump su acciaio e alluminio è il governo cinese, reo di aver promesso per anni, ma non mantenuto, di ridurre la produzione di acciaio in eccesso e in parte venduta negli Stati Uniti a prezzi agevolati.
Il presidente degli Stati uniti ha, quindi, deciso di agire. Ma qual è la sua effettiva strategia? Poiché le tariffe sono soggette ad una legge che si applica anche alla sicurezza nazionale sarà possibile non imporre i dazi sulle importazioni dagli alleati della Nato. In tal modo sarebbe facile esentare dalle tariffe commerciali paesi come Giappone e Corea del Sud, concentrandosi sulla Cina ed evitando il rischio di una guerra commerciale più ampia. L’amministrazione Usa non ha ancora detto che adotterà questa strategia, ma appare lo scenario più probabile.
La spiegazione, tuttavia, del comportamento di Trump è un’altra. Per gli Stati Uniti la questione commerciale più rilevante con la Cina riguarda i trasferimenti di tecnologia, ovvero il furto del know-how sviluppato dalle imprese statunitensi, non l'export cinese di acciaio e alluminio a prezzi competitivi. Attualmente le imprese degli Usa che vogliono fare affari in Cina sono spesso tenute a trasferire la loro tecnologia alle imprese locali come condizione per l’ingresso sul mercato, che vale 1,3 miliardi di persone. Come rifiutarlo?
Allora si capisce il senso della strategia trumpiana e i dazi su acciaio e alluminio. I negoziatori statunitensi useranno probabilmente la minaccia di imporre le tariffe ai produttori cinesi come un modo per convincere Xi Jinping ad abbandonare la politica dei trasferimenti di tecnologia. Se ciò accadrà e le imprese statunitensi potranno fare affari in Cina senza essere costrette a pagare un prezzo così alto in termini di cessione del know-how, la minaccia di imporre nuovi dazi o di aumentare quelli esistenti si sarà rivelata uno strumento di successo della politica commerciale.
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