La visita di Pelosi a Taiwan dimostra la forza o la debolezza degli Usa?

La visita a Taiwan della Speaker della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti è avvenuta in una fase molto delicata degli equilibri tra le prime due economie al mondo tra Pil in calo, inflazione crescente, dazi (trumpiani) che incidono sui livelli di prezzi al consumo, elezioni di mid-term negli Usa e il terzo mandato di Xi Jinping

La visita di Pelosi a Taiwan dimostra la forza o la debolezza degli Usa?

Alla fine la Speaker della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, Nancy Pelosi, è atterrata a Taiwan, dove ha incontrato la presidentessa taiwanese Tsai Ing-wen e un gruppo di attivisti per i diritti umani.

Si tratta della prima visita a Taipei di un alto rappresentante statunitense dal 1997. E non un rappresentante qualsiasi, Pelosi è una delle voci americane più critiche del Partito comunista cinese, oltre a essere la terza carica istituzionale degli Stati Uniti.

Naturale che, per Pechino, il suo arrivo, sull’isola su cui ritiene di avere sovranità legittima sia piuttosto indigesto, come dimostra il sorvolo dei caccia cinesi nello spazio aereo taiwanese proprio mentre Pelosi si trovava a Taiwan e la decisione di bannare le importazione dall’isola di sabbia (il silicio è fondamentale per la produzione di microchip), frutta e pesce.

D’altronde, nei giorni scorsi, Xi Jinping aveva avvertito Biden che “chi gioca con il fuoco si brucerà”. Un monito minaccioso su cui pesa il particolare momento storico della seconda economia al mondo. A breve inizieranno i preparativi del XX Congresso del Partito comunista, che dovrebbe conferire all’attuale presidente il suo terzo mandato. Non può dunque permettersi una reazione troppo debole, anche alla luce di una crescita prevista del Pil (+3,3% secondo il Fondo Monetario Internazionale) che sarà la seconda peggiore dal 1976.

Anche per lo stesso Biden, la visita di Pelosi crea più di un problema. Un ulteriore inasprimento delle tensioni con la Cina finirebbe per avvicinare Pechino ulteriormente a Mosca: lo scenario più temuto a Washington. E rende più complicate le negoziazioni con Pechino per rimuovere parte dei 250 miliardi di dollari di dazi sulle importazioni cinesi (frutto della trade war trumpiana) e abbassare così fino a 0,4 punti percentuali l’inflazione statunitense da record.

Ecco perché Biden aveva chiesto a Pelosi di rimandare il viaggio a dopo il Congresso del Partito comunista. Il presidente Usa avrebbe potuto fermare l’aereo militare su cui la Presidentessa della Camera era in volo. Ma ha preferito non farlo, per non essere accusato di morbidezza verso Pechino, a soli tre mesi dalle elezioni di midterm. Nelle prossime settimane vedremo probabilmente le reali conseguenze della visita di Pelosi (sia sul fronte statunitense che quello cinese).

 

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