Verso un nuovo mondo Pacifico

La minaccia di Putin della creazione di un ordine economico slegato dal dollaro e dall’euro pare ancora lontana dall’essere effettivamente realizzata, ma il campo non-occidentale che sta costruendo con la Cina sta lentamente trovando nuovi aderenti

Verso un nuovo mondo Pacifico

Vladimir Putin, parlando all’Eastern Economic Forum di Vladivostok, ha nei giorni scorsi accusato l’Occidente di voler mantenere un ordine economico che ne consente la dominazione sul resto del mondo. Contemporaneamente – secondo il presidente russo - le sanzioni applicate alla Federazione minano l’ordine economico esistente danneggiando la fiducia nelle valute occidentali, una ragione per cui la Russia diversificherà le proprie riserve.

Dall’altra parte del Pacifico, l’8 e il 9 settembre si è tenuto a Los Angeles il primo incontro dal vivo dell’Indo-Pacific Economic Framework (Ipef). In altre parole, la battaglia per trovare alleati per i blocchi geopolitici del futuro si gioca appunto e soprattutto sulle due sponde del Pacifico.

Lanciato il 23 maggio di quest’anno durante una visita del Presidente statunitense Biden in Giappone e Corea del Sud, l’Ipef – che riguarda 14 Paesi che contribuiscono al 40% del Pil mondiale – è la risposta all’esigenza di un piano di coinvolgimento economico dei Paesi della regione dopo che gli Stati Uniti si erano ritirati dal Trans-Pacific Partnership (Tpp) nel 2017 e dopo la nascita di due accordi commerciali regionali senza Washington: il Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep) di cui fa parte la Cina e il Comprehensive and Progressive Trans-Pacific Partnership (Cptpp), sostanzialmente un Tpp senza gli Stati Uniti.

L’Ipef si richiama al concetto di Indo-Pacifico, ovvero la più importante elaborazione strategica dell’ultimo decennio. Infatti, l’Indo-Pacifico è uno spazio geostrategico che, su proposta giapponese e con il pieno supporto statunitense, punta a coinvolgere l’India in un’azione di contenimento della Cina.

Per queste ragioni l’adesione all’Ipef viene letta da Pechino negativamente e i Paesi che ne fanno parte sono accusati di voler destabilizzare la pace regionale. Nonostante ciò, ne fanno parte – oltre agli Usa – Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda, Fiji, India e le sette economie più avanzate dell’Asean (quindi tutti i membri tranne Laos, Myanmar e Cambogia). In particolare, la partecipazione dell’India è di grande interesse, sia perché il Subcontinente è un elemento costitutivo del concetto di Indo-Pacifico sia perché è la prima volta di un impegno di New Delhi in un accordo commerciale regionale, visto che non fa parte né di Rcep né di Cptpp.

L’Ipef - che si articola su quattro pilastri: commercio; supply chains; energia pulita, decarbonizzazione e infrastrutture; fisco e anti-corruzione - è concepito anche con l’obiettivo di superare quello che era stato uno dei principali ostacoli all’entrata in vigore del TPP, ovvero la ratifica da parte del Congresso americano.

Si sta dunque andando verso un ordine alternativo? La minaccia di Putin della creazione di un ordine economico slegato dal dollaro e dall’euro pare ancora lontana dall’essere effettivamente realizzata, ma il campo non-occidentale che sta costruendo con la Cina sta lentamente trovando nuovi aderenti. L’Argentina ha confermato di aver fatto richiesta di adesione ufficiale ai Brics, dopo che, al summit ospitato virtualmente dalla Cina lo scorso giugno, Putin e Xi Jinping si erano duramente scagliati contro un ordine mondiale guidato dai Paesi occidentali. Inoltre, anche Arabia Saudita, Iran, Algeria, Turchia e Egitto hanno espresso interesse per entrare nell’associazione.

Contemporaneamente, però, gli Stati Uniti proseguono nell’opera di creazione di un legame economico stretto nel Pacifico tra le democrazie e le più avanzate economie dell’Asean. L’Ipef rappresenta quindi uno snodo cruciale per la strategia statunitense di contenimento della Cina e per la ridefinizione delle regole economiche regionali e globali.

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