L’economia spagnola sotto la guida di Sanchez: è forte come sembra?

Pedro Sánchez è diventato capo del governo spagnolo nel 2018. In questi anni, i risultati economici del paese sono stati invidiabili. Tra le varie misure adottate, quelle che hanno riformato il mercato del lavoro, restituendo centralità alla contrattazione collettiva e riducendo la precarietà. Madrid ha così fornito le risposte corrette dopo oltre 40 anni di approcci e riforme basate sulle liberalizzazioni (che hanno finito per danneggiare anche le imprese). Eppure, alle recenti elezioni politiche i partiti al governo non hanno ottenuto una vittoria schiacciante.

L’economia iberica sotto la guida di Sanchez: è forte come sembra?
Pedro Sanchez, premier spagnolo dal 2018

Negli ultimi cinquant’anni, la storia politica della Spagna ha subito trasformazioni di proporzioni epocali. Dopo la morte del dittatore Francisco Franco, il paese ha intrapreso una transizione graduale e pacifica verso la democrazia. Nel 1977, i cittadini spagnoli hanno partecipato alle prime elezioni democratiche dopo oltre quattro decenni di regime autoritario. La vittoria è andata all’Unione del centro democratico (Ucd), un partito di centro guidato da Adolfo Suárez.

Negli anni Ottanta e Novanta, la scena politica è stata dominata da due partiti principali: Psoe e Pp. Ancora oggi, le due formazioni dominanti si alternano al potere, ma a causa del sistema elettorale sono spesso costrette a formare coalizioni con i partiti minori. I governi di diverso colore che si sono succeduti hanno promosso varie riforme a livello economico e sociale, accompagnando il paese nella crescita economica, ma non solo. Tuttavia, non sono mancate le difficoltà, con due delle sfide più significative rappresentate dalla crisi del 2008 e dalla questione dell’indipendenza della Catalogna.

Sotto la guida di Sánchez, premier dal 2018, l’andamento dell’economia spagnola è stato invidiabile (sebbene quella iberica resti relativamente piccola se paragonata a quella dei primi tre paesi dell’Ue, ovvero Germania, Francia e Italia). Il Pil del paese continua a crescere a un ritmo superiore alla media dell’Unione europea: nel primo trimestre del 2023, l’economia è cresciuta dello 0,6 per cento, portando la variazione su base annua al 4,2 per cento. Anche sul fronte della disoccupazione si è ottenuto un segnale piuttosto positivo, con il valore più basso mai più registrato dopo la grande crisi del 2008.

L’inflazione è scesa all’1,9 per cento, consacrando la Spagna come la sola economia nell’Unione a rispettare, oggi, l’obiettivo del 2 per cento. Per affrontare la crisi energetica, Madrid sembra aver adottato una ricetta efficace, scollegando il prezzo del gas da quello dell’elettricità e limitando i potenziali effetti negativi sulla popolazione, a cui gli altri paesi del Vecchio Continente potrebbero ispirarsi.

A proposito di ricette efficaci e relativamente innovative, il governo iberico ha introdotto attraverso la legge di Bilancio approvata nel 2022 una patrimoniale e un contributo di solidarietà. Qualche mese prima era stato dato il via libera alla riforma del mercato del lavoro che ha restituito centralità alla contrattazione collettiva e ridotto la precarietà, fornendo le risposte corrette dopo oltre 40 anni di approcci e riforme basate sulle liberalizzazioni (che hanno finito per danneggiare anche le imprese). Eppure, alle recenti elezioni politiche i partiti al governo non hanno ottenuto una vittoria schiacciante. Tutt’altro.

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