Gli economisti ancora confondono il benessere con il surplus del consumatore

Gli economisti confondono il benessere con il surplus del consumatore

Una serie di choc così profondi (la pandemia, la guerra in Ucraina, la crisi energetica, l’inflazione) da far parlare gli studiosi di una crisi permanente (‘permacrisis’), come quella climatica. è in estrema ciò che sta accadendo intorno a noi. Ma come sono alimentati i continui choc e la conseguente crisi permanente? Gli economisti evidenziano difficoltà nel rispondere a tale domanda anche perché compiono sovente due gravi errori.

Il primo è la confusione del benessere con il surplus del consumatore. I libri di microeconomia (del passato ma anche quelli attuali) che sono alla base delle conoscenze economiche e che vengono utilizzati dagli studenti universitari che studiano esami di economia contengono questa errata semplificazione. D’altronde, l’aspetto più importante per l’economia di mercato è garantire prezzi sempre più bassi attraverso la concorrenza. Un processo che tuttavia non dipende solo da efficienza e innovazione, ma anche da altri rovesci della medaglia, come lo sfruttamento del lavoro, l’insostenibilità ambientale e la bassa qualità di prodotti e servizi. Il secondo errore è il focus quasi esclusivo sulla produttività e sull’efficienza che vuol dire, semplificando, produrre più beni e servizi in meno tempo.

Il risultato è che viviamo nel paradiso dei consumatori sommersi da beni di ogni genere e tipo, spesso disponibili a costi molto contenuti, anche se l’inflazione oggi sembra suggerire il contrario quantomeno nel medio termine. Ma dietro il consumatore, frequentemente, non c’è solo innovazione e progresso, ma anche il lavoratore sfruttato e un ecosistema a rischio. Sì, certo, qualcuno potrebbe evidenziare che l’umanità è cresciuta da 230 milioni a 8 miliardi e la vita media a livello globale è passata da 24 a 73 anni anche grazie all’economia di mercato. Ma ora, storditi dai beni di consumo e dal produrre di più in meno tempo, stiamo sfidando i limiti del Pianeta e rinunciando ad avere un rapporto armonico con l’ecosistema. Cambiare gli indicatori di benessere che orientano la nostra marcia sarebbe già qualcosa. Un primo passo.

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