Nel 2020, la pandemia ha causato la prima recessione dell'Africa in 25 anni. Il brusco inasprimento delle condizioni finanziarie globali ha innescato improvvisi arresti degli investimenti esteri diretti e massicci deflussi di capitale, insieme a uno dei più drammatici shock globali della domanda e dell'offerta mai registrato. La crisi ha intensificato i vincoli di liquidità del continente e aggravato le sfide esistenti in termini di gestione macroeconomica.
La recessione indotta dalla pandemia ha anche amplificato una delle più grandi sfide di sviluppo dell'Africa: l'alto costo dei finanziamenti che riflettono i rischi sistematicamente gonfiati assegnati all’Africa, indipendentemente dal miglioramento dei fondamentali macroeconomici o dal contesto economico globale. Il che comprime la capacità di accesso al credito del continente e allontana gli investitori.
Eppure, galvanizzata da robusti risultati economici in paesi come Etiopia, Ruanda e Costa d'Avorio, l'Africa sub-sahariana è stata costantemente una delle macroregioni in più rapida crescita al mondo negli ultimi due decenni. Alcuni paesi africani hanno ampliato la loro produzione anche durante la pandemia, e due – Etiopia e Guinea – sono stati tra le cinque economie in più rapida crescita del mondo l’anno scorso.
Negli ultimi due decenni la povertà estrema nella regione è diminuita di un terzo, l'aspettativa di vita è aumentata di un quinto e la crescita reale del reddito pro capite è stata in media di circa il 50%. Ma questi successi sembrano aver avuto un impatto minimo o negativo sulle più accreditate agenzie (statunitensi) di rating, che hanno declassato molti paesi africani allo status di spazzatura. Tra questi anche il Sudafrica, che rappresenta oltre il 20% del commercio intraafricano totale ed è il principale motore degli investimenti transfrontalieri del continente. Si tratta di valutazioni che sembrano errate anche alla luce dei risultati incoraggianti di molte economie africane. Il Pil etiope, ad esempio, è aumentato di oltre dieci volte dall’inizio del secolo.
Con i costi di indebitamento dei governi africani così elevati, le spese annuali per interessi passivi sono diventate una delle loro poste di bilancio in più rapida crescita e in molti casi superano la spesa sanitaria. In Zambia, i pagamenti di interessi sono aumentati di quasi 13 volte in un decennio, da circa 63 milioni di dollari nel 2010 a oltre 804 mln nel 2019. In tutta l’Africa, i pagamenti annuali degli interessi sono più che triplicati nello stesso periodo, passando da 8,1 miliardi a circa 24,9 mld.
La spesa per interessi costituisce dunque un insormontabile ostacolo alla sostenibilità fiscale e del debito delle economie africane, e alla loro trasformazione strutturale. E il paradosso è che il debito estero totale dell'Africa è significativamente inferiore, sia in termini assoluti che pro capite, a quello dovuto dalle economie avanzate. Ma il suo rapporto tra pagamenti per interessi e entrate di bilancio è significativamente più elevato.