Virtù tedesche. Catene per l’Europa

Costi ridotti e Pil trainato dall’export. Il modello della Germania non funziona per tutti. Se si vuole crescere bisogna puntare sulla domanda interna

Virtù tedesche. Catene per l’Europa

Se tutti i paesi europei fossero come la Germania, l’Europa sarebbe forte, competitiva e in piena occupazione. Questo assioma è vero? Riforme strutturali per essere più competitivi: l’esempio è quello offerto da Berlino che ha saputo modificare il suo sistema agli inizi di questo secolo e oggi è il paese europeo che meno ha sofferto della crisi economica. Ma sono in molti a dubitare che paesi come Francia, Spagna, e Italia possano un giorno diventare come la Germania.

Ma, ammesso che accada, un’Europa simile alla Germania sarebbe più forte e capace di crescere? Si chiede Innocenzo Cipolletta. “Non è affatto detto che sia così”, è la sua risposta. Il modello di crescita della Germania è basato sul traino delle esportazioni: il paese deve contenere i costi di produzione e migliorare la qualità dei propri prodotti per essere competitivo sui mercati esteri. La crescita delle esportazioni genera maggiore occupazione interna, facendo da volano ai consumi interni e, dunque, agli investimenti mettendo in moto il circolo della crescita.

“Per alcuni decenni questo modello ha funzionato, perché l’Europa era nella fase di ricostruzione e di crescita verso più elevati livelli di consumo - spiega Cipolletta -. Poi, dopo la crisi da petrolio a metà degli anni ‘70, l’Europa si è allargata a nuovi paesi che hanno fatto ricorso allo stesso modello. Ma in queste nuove condizioni, il modello di crescita trainato dalle esportazioni non ha più funzionato per l’insieme dei paesi: può ancora andar bene a un numero limitato di Stati che lo adotti a scapito degli altri.” È quanto avviene oggi ad esempio con la Polonia che continua ad avere costi di produzione bassi e quanto avvenuto a partire dai primi anni 2000 in Germania, dove sono stati compressi i salari e la domanda interna per riuscire ad esportare anche verso i paesi europei.

Si chiede ancora Cipolletta: “Potevamo allora fare tutti come la Germania?”. La risposta è un altro “no”. E aggiunge: “Se tutti i paesi europei avessero adottato il modello tedesco, comprimendo i salari per poter esportare, avremmo generato una forte riduzione della domanda interna europea per consumi e investimenti. A quel punto nessun paese sarebbe riuscito a incrementare le sue esportazioni verso gli altri paesi dell'Ue. E la crescita complessiva sarebbe stata anche più bassa di quella che poi è risultata essere con la crisi globale.”

L’Europa – con 500 milioni di abitanti - è un grande mercato di consumo che deve crescere soprattutto puntando sulla sua domanda interna. Così avviene nell’altro grande mercato interno mondiale: quello degli Usa, la cui crescita non è mai dipesa dalle esportazioni ma perlopiù dalla domanda interna.

Con l’adozione dell’euro, l’Ue sembrava voler andare verso la costituzione di un grande mercato interno, dove la domanda interna fosse il traino della crescita. Invece, conclude Cipolletta con un tono amaro, “siamo tornati a predicare politiche nazionali di riaggiustamento e di competizione”.

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