Gli asili nido mancano. E continueranno a mancare

Il Pnrr stanzia ingenti somme per aumentare l’offerta di posti disponibili negli asili nido e offrire così un servizio che permetta una migliore conciliazione tra lavoro e famiglia. Saranno sufficienti per raggiungere il livello di copertura fissato dall’Ue?

Gli asili nido mancano. E continueranno a mancare

Nel 2020, il tasso di copertura dei posti in asilo nido per la popolazione dai 3 ai 36 mesi in Italia era del 27 per cento, sei punti percentuali sotto la soglia fissata dal Consiglio europeo nel 2002, e con profonde differenze tra Nord e Sud.

Per colmare il ritardo, il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha stanziato 3 miliardi di euro per gli asili nido, la cui costruzione o ristrutturazione dovrà essere completata entro il primo gennaio del 2026.

Poiché il bando non si basava sul numero di nuovi posti da realizzare, è necessario compiere un esercizio di stima per capire se l’allocazione dei fondi porterà la copertura degli asili nido più vicina ai livelli di prestazione essenziali (Lep).

In tal senso, un recente documento dell’Ufficio parlamentare di bilancio stima i posti che continueranno a mancare in ogni Regione alla luce di quanti ne saranno costruiti entro il 2026, sulla base delle graduatorie del bando del Pnrr.

Ne emerge che in Campania e Sicilia mancheranno ancora tra 6 e 11 mila posti per garantire una copertura del 33 per cento a livello regionale. La misura aggregata non dà tuttavia informazioni sul raggiungimento dei Lep, che stabiliscono la soglia minima da garantire (33 per cento) a livello comunale.

Secondo un indice elaborato dal think-tank Tortuga che fornisce una misura granulare di copertura al 2026 per i Comuni con almeno 20 mila abitanti, l’attuale attribuzione dei fondi del Pnrr, al di là delle questioni legate ai ritardi nella sua attuazione, non pare sufficiente a garantire una copertura omogenea nel paese al 33 per cento dei servizi per l’infanzia.

Pur assumendo che la realizzazione dei nuovi posti avvenga secondo tempi e numeri previsti, rimane poi da verificare se i Comuni assegnatari disporranno di fondi sufficienti per gestire il funzionamento e il mantenimento delle strutture.

Quindi? Specialmente in un Paese dove il tasso di fecondità totale è tra i più bassi d’Europa, i numeri evidenziano la necessità che il governo si impegni a garantire a tutti i cittadini la possibilità di avere figli sapendo di poter contare su servizi essenziali garantiti dallo Stato.

Le esternalità positive per quest’ultimo sarebbero molteplici: da un miglior bilanciamento dei tempi professionali con quelli privati all’aumento del tasso di occupazione femminile (storicamente, e non casualmente, molto basso in Italia rispetto ai principali partner europei), dall’incremento delle entrate fiscali per lo Stato (più persone lavorano) all’aumento del Pil, dalla riduzione della povertà al miglioramento dei conti degli enti previdenziali. Cosa aspettiamo?

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