Il Patto di stabilità è ormai diventato una barzelletta. L’Ue lo rinvia al 2024, ma negli ultimi 22 anni quasi nessuno lo ha rispettato

Dal 2009 al 2020 nessun paese è riuscito a rispettare sempre il limite del 3% nel rapporto deficit/Pil, mentre dal 1999 al 2020 appena 8 paesi hanno sempre centrato l’obiettivo di stare al di sotto del 60% nel rapporto debito/Pil.

Il Patto di stabilità è ormai diventato una barzelletta

“L’estensione della clausola di salvaguardia generale al 2023 riconosce l’elevata incertezza e i forti rischi al ribasso in una situazione in cui lo stato dell’economia europea non si è normalizzato”, ha detto Gentiloni, riferendosi alla prosecuzione nel 2023 della sospensione delle regole di bilancio del Patto di stabilità. Ma resta il richiamo alla prudenza: “I piani di bilancio degli Stati membri per il prossimo anno dovrebbero essere ancorati a percorsi prudenti di aggiustamento a medio termine che riflettano le sfide della sostenibilità di bilancio associate agli elevati livelli di debito-Pil che sono ulteriormente aumentati a causa della pandemia”.

Il fatto di esercitare in ogni caso un controllo sul grado di ‘prudenza’ nelle politiche di bilancio consente a Bruxelles di compensare in parte l’estrema flessibilità. Un modo anche per raffreddare le preoccupazioni di una serie di governi (a cominciare da quello tedesco), ma anche per ancorare le aspettative che gli esecutivi dei paesi ad alto debito rispettino gli impegni ‘qualitativi’ in materia di gestione dei conti pubblici e di riforme economiche (in merito a queste ultime, nel caso del nostro paese, si tratta di fisco, catasto, concorrenza, lavoro).

La premura con la quale la Commissione europea ha deciso di rinviare fino al 2024 il congelamento del Patto di stabilità ha qualcosa di surreale. I parametri di Maastricht prevedono due limiti principali, che in teoria i paesi dell’Ue non possono superare. Si tratta del 60% nel rapporto tra debito e Pil e del 3% in quello tra deficit e Pil. Vediamo cosa è accaduto nelle principali economie europee ad esempio nel 2020, l’anno nero della pandemia. Francia (deficit/Pil al -9,2% e debito/Pil al 115,7%), Italia (rispettivamente, -5% e 155,8%) e Spagna (-11% e 120%). Persino la prima economia europea, la locomotiva tedesca, ha largamente sfondato i limiti: -4,2% e 69,8%.

Il superamento dei parametri ha tuttavia una storia così lunga che non può certamente essere addebitato al Covid-19. Dal 2009 al 2020, il criterio del 3% è stato rispettato 9 volte (su 12) in Germania, 8 in Italia, 3 in Spagna e appena 1 volta in Francia. Al top (11 su 12) troviamo solo 4 paesi: Estonia, Finlandia, Lussemburgo (che però è considerato un paradiso fiscale), e Svezia. L’Olanda, tra i più ferventi sostenitori dell’austerity e anch’essa accusata di essere un paradiso fiscale, in 7 occasioni è riuscita nell’intento di centrare l’obiettivo. Sotto alle 5 volte ci sono, oltre a Francia e Spagna, Cipro, Portogallo, Croazia, e Grecia.

Per quanto riguarda il criterio del 60%, prendendo in esame il periodo 1999-2020, Austria, Grecia e Italia sono gli unici tre paesi a non aver mai centrato l’obiettivo (ovvero restare sotto quel livello). Ma Germania e Francia, rispettivamente, con 4 e 2 volte non stanno poi messe così bene. È andata meglio per la Spagna (con 9 su 21). I Paesi Bassi invece hanno raggiunto l’obiettivo ben 15 volte. En plein per Estonia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, e Svezia.

Pertanto, la questione centrale non è tanto il rinvio del congelamento del Patto di stabilità, ma è piuttosto la sua riforma. In ogni caso, a Berlino hanno capito che con le regole attuali, al momento sospese prima a causa della pandemia e poi della guerra in Ucraina, il ritmo di rientro per i paesi ad alto debito è tecnicamente insostenibile. Ecco quindi che torna il tema della riforma dei parametri di Maastricht. Ma visto che è più semplice aggirare l’ostacolo anziché affrontarlo è probabile che alla fine si troverà un escamotage. Ad esempio, escludere dai calcoli la spesa pubblica destinata agli investimenti green. Sarebbe un modo per non bloccare l’economia soprattutto nei paesi ad alto debito (nel caso dell’Italia l’ultima rilevazione sullo stock di debito pubblico è risultata pari a 2.775 miliardi di euro), senza il disturbo di dover modificare il sacro Patto di stabilità.

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