Precipita la situazione in Kazakistan. Decine di vittime

La rivolta del gas incendia il paese ricco di idrocarburi. Il presidente chiede l’intervento russo. Mosca invia ‘truppe di pace’

Precipita la situazione in Kazakistan. Decine di vittime

Assaltati i palazzi del potere, ad Almaty e in altre città. Duri scontri con la polizia. Decine di vittime. Media e Internet oscurati. Il presidente Kassym-Jomart Tokayev: “Gli Usa dietro alle proteste”, innescate dal raddoppio del prezzo del Gpl in seguito alla cancellazione dei limiti imposti dal governo. In crisi il sistema fondato e guidato per tre decenni dall’ex presidente Nursultan Nazarbayev, alleato di Vladimir Putin e dimessosi nel 2019 per passare la mano al suo ex delfino Tokayev. Questa è, in estrema sintesi, la situazione in Kazakistan.

Mezzi militari con a bordo decine di truppe sono arrivati nella piazza principale di Almaty, la maggiore città del Kazakistan. I soldati stanno fronteggiando centinaia di dimostranti. Decine di rivoltosi che hanno preso parte ai disordini sono stati “eliminati”. Lo riferisce un rappresentante del dipartimento di polizia della città kazaka, Saltanat Azirbek.

Nel frattempo le forze di pace del Csto, l’Organizzazione del trattato per la sicurezza collettiva, composta da sei ex repubbliche sovietiche e guidata da Mosca, sono giunte in Kazakistan su richiesta di Tokayev.

Il leader kazako aveva in precedenza decretato lo stato di emergenza e il coprifuoco di due settimane nella regione occidentale del Mangistau, ad Almaty, e nella capitale, Nur-Sultan. Parlando in russo alla nazione, Tokayev ha poi promesso riforme e rivolto un appello “a mostrare prudenza e a non soccombere alle provocazioni interne ed esterne”. Ma per ora non è bastato a fermare le proteste.

Intanto, sulla questione kazaka, è intervenuta anche Washington. “Le accuse secondo cui gli Stati Uniti sono dietro i disordini in corso in Kazakistan sono false”, ha spiegato la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki.

La crisi mette così in discussione l’immagine di stabilità di questa ex Repubblica sovietica, nove volte più estesa dell'Italia, ricca di idrocarburi e retta da un regime autoritario, che nei tre decenni seguiti alla fine dell’Urss ha attirato enormi investimenti nel settore energetico dalle principali compagnie petrolifere mondiali.

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