La Camera dei rappresentanti di Tobruk ha eletto all’unanimità l’ex ministro dell’Interno del governo di accordo nazionale (Gna) Fathi Bashagha alla carica di primo ministro della Libia.
Subito dopo il voto Bashagha ha congedato il capo del governo di unità nazionale (Gnu) Abdulhamid Dabaiba, accusandolo implicitamente di uso improprio delle risorse libiche. Ma Dabaiba, di cui i turchi sono il principale sponsor, ha messo in chiaro che non intende dimettersi.
Le Libie tornano dunque a essere governate da due amministrazioni parallele, ma l’elezione di Bashagha potrebbe essere paradossalmente il primo passo verso la ricomposizione della frattura tra Tripolitania e Cirenaica.
L’ex ministro dell’Interno comanda di fatto le milizie di Misurata, che hanno giocato un ruolo decisivo nell’operazione militare con la quale la Turchia all’inizio del 2020 ha impedito la conquista di Tripoli da parte dell’Esercito nazionale libico (Lna) di Khalifa Haftar. È considerato molto vicino ai servizi segreti turchi, circostanza che lo rende il garante ideale degli interessi di Ankara nelle Libie.
Esultano Haftar e l’Egitto, che da tempo hanno individuato in Bashagha il cavallo di Troia sul quale puntare per provare a (ri)entrare a Tripoli. In ogni caso, la ricomposizione della frattura libica non sarà indolore.
Dabaiba gode del sostegno degli Stati Uniti, di molti paesi europei e soprattutto delle milizie di Tripoli. Come rivela il tentato assassinio del 10 febbraio, è verosimile che cirenaici e misuratini cercheranno di eliminare fisicamente il primo ministro in carica per aprirsi la strada verso la capitale.