L’atomo fuggente

“Triplicare il nucleare”. Alla Cop28 di Dubai il protagonista è l’atomo. Stati uniti, Francia e altri 20 Paesi hanno siglato un accordo per triplicare l’energia nucleare entro il 2050. Ma quella di cui si parla è quella prodotta con la fissione.

L’atomo fuggente

“Triplicare l’energia nucleare entro il 2050”. Alla Cop28 di Dubai sale in cattedra l’atomo. Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Giappone, Emirati Arabi Uniti e altri 17 Stati (tra i quali non figura l’Italia) hanno annunciato un accordo per triplicare la potenza nucleare installata entro metà secolo.

Non stiamo dicendo che questa sia un’alternativa assoluta ad altre fonti di energia” ha spiegato l’ex Segretario di stato di Washington e ora Inviato speciale per il clima statunitense John Kerry, “ma la scienza e la realtà dei fatti ci dicono che non si può arrivare ad emissioni nette zero senza nucleare”.

Il 2050 è un tempo lontano, troppo lontano, rispetto alla dinamica intrapresa dal clima. La maggior parte delle emissioni andrebbe tagliata nei prossimi 10-15 anni per rimanere sotto i +1.5°C di aumento della temperatura media globale. Inoltre, l’intesa non coinvolge due grandi potenze nucleari come Cina e Russia.

Ma attenzione. È di fissione che parla la dichiarazione dei 22, e nessuno sa se e quando la fusione, reale svolta energetica, sarà disponibile. Per accelerarne la verifica sulla concreta attuazione di quest’ultima occorrerebbero ingenti investimenti per sviluppare una tecnologia che fornisca energia illimitata, pulita ed economica (lo scopo della ricerca sulla fusione è replicare la reazione nucleare attraverso la quale si crea l’energia sul Sole; la sfida in piccola parte già vinta è riuscire a innescare la fusione, ma impiegando, per ottenerla, meno energia di quanto poi ne rilasci la reazione stessa).

Ci vorrebbero comunque probabilmente alcuni decenni prima di riuscire a ‘metterla in produzione’. Affinché il sogno diventi realtà (e si passi alla fusione nucleare), occorre infatti perfezionare l’ingegneria dei reattori e poi costruirli. Mentre la fisica della fusione sembra ben compresa, le sfide ingegneristiche coinvolte nella creazione di un reattore funzionante sono enormi e i costi sono al momento incredibilmente alti.

Anche per immettere nella rete l’energia nucleare prodotta con il metodo tradizionale, quello basato sulla fissione, ci vorrebbe tanto, forse troppo, tempo: realisticamente, circa 20 anni. Senza considerare il fatto che l’Italia da altrettanti decenni non riesce a individuare un luogo lungo la penisola dove stoccare le scorie prodotte nel secolo scorso.

I negoziati intanto proseguono: l’annuncio atteso sulla triplicazione dell’energia rinnovabile a livello globale entro il 2030 è arrivato. Lo hanno firmato 116 paesi.

Inoltre, gli Stati Uniti hanno scoperto le loro carte su due temi chiave: carbone e metano. In merito alla fonte fossile più sporca, Washington ha aderito alla Powering Past Coal Alliance, impegnandosi così a non costruire nuove centrali a carbone (se non accompagnate da costosissimi sistemi di cattura e stoccaggio della CO2) e promettendo di pianificare la chiusura di quelle esistenti “in un lasso di tempo compatibile con il mantenimento dei +1.5°C”.

Sul metano (che degrada in atmosfera più velocemente della CO2, ma ha un effetto sulle temperature decine di volte più potente), gli Usa parlano di una serie di misure che dovrebbero nelle intenzioni ridurre le emissioni di questo gas climalterante dell’80 per cento in 15 anni.

E ritorna, ancora una volta il fattore tempo che riporta anche all’atomo: abbiamo tempo di aspettare i circa effettivi venti anni per utilizzare l’energia nucleare (quella a fissione)? E le alternative verdi oggi disponibili possono colmare il fabbisogno? Oppure l’unica reale alternativa che nessuno o quasi ha il coraggio di pronunciare è ridurre i consumi?

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