
Dalla Fiat all’Olivetti, da Montedison all’Iri: molti campioni industriali italiani non esistono più. Oggi restano appena cinque aziende del nostro Paese tra le 500 più grandi del mondo: Eni (104ª), Enel (145ª), Generali (224ª), Intesa Sanpaolo (255ª) e Unicredit (306ª). Nel 2000 erano dieci, nel 2015 nove. A dirlo è l’analisi di KPMG per L’Economia del Corriere, basata sulla Fortune Global 500.
Europa, il gigante che si rimpicciolisce
Il Vecchio Continente continua a perdere terreno mentre Usa e Cina rafforzano la loro leadership. Nel 2025 gli Stati Uniti contano 138 aziende nella classifica, la Cina 130: entrambe in crescita costante. L’Europa invece esce dalla top ten: Volkswagen è 12ª, Shell 18ª, TotalEnergies 32ª.
I giganti globali: dalla distribuzione alla tecnologia
La top ten è dominata da colossi americani e cinesi. Walmart resta in testa con 681 miliardi di dollari di ricavi, seguita da Amazon (638 miliardi). Al terzo posto la cinese State Grid con 548 miliardi, davanti a Saudi Aramco e altri due campioni dell’energia cinese. Completano la classifica UnitedHealth, Apple, CVS Health e Berkshire Hathaway. L’Europa osserva da lontano.
La rivoluzione dell’hi-tech
Nella classifica per capitalizzazione di Borsa emerge il vero squilibrio: Nvidia, Microsoft, Apple, Alphabet, Amazon e Meta guidano con valori record. Su dieci società più capitalizzate al mondo, nove sono americane, sette del settore tech. È qui che si gioca la partita del futuro, con l’Europa rimasta indietro.
Quale strada per l’Europa?
Gli esperti indicano due mosse: fusioni transfrontaliere tra imprese europee e riduzione dei “dazi interni”, cioè burocrazia e frammentazione normativa che frenano la competitività. Senza un vero mercato unico europeo e una politica industriale comune, sarà impossibile competere con i colossi Usa e Cina.





.jpg?box=317x238c)

.jpg?box=317x238c)

