Evergrande, storia di un disastro annunciato. Per l’economia cinese e anche quella globale

Le difficoltà del più grande gruppo cinese del settore immobiliare sono state paragonate al fallimento di Lehman Brothers. Per Evergrande tuttavia non si prospetta un fallimento. Ma neanche un salvataggio. Quali possibilità restano sul tappeto? L’economia globale rischia il contagio?

Evergrande, storia di un disastro annunciato

Le difficoltà finanziarie in cui versa il più grande gruppo cinese del settore immobiliare, il gruppo China Evergrande (Ceg) che vanta 73,5 miliardi di dollari Usa di fatturato, sono sotto i riflettori da giorni. Anche se il colosso non sarà una Lehman cinese, avrà comunque enormi conseguenze negative sull’economia cinese e probabilmente anche sulla crescita globale.

China Evergrande è una società di investimento immobiliare. Ha anche attività nel comparto alberghiero, nel settore finanziario, in quello digitale e sanitario. I suoi principali investitori istituzionali sono in Cina. Di conseguenza, il potenziale di contagio internazionale della crisi di liquidità di Evergrande non è lontanamente paragonabile a quello di Lehman nel 2008.

Tuttavia, le condizioni di Ceg sono disastrose. “Le vendite sono in drastico calo da molti anni, almeno dal 2016, quando ancora crescevano del 60 per cento all’anno, mentre oggi sono quasi ferme – spiega l’economista Alessia Amighini su lavoce.info -. Il margine operativo del gruppo è crollato. Se contabilmente la società è già fallita, ora si tratta di capire come sarà gestita la faccenda da Pechino. Al momento sembrano poco probabili tutti gli scenari prospettati dai media, che spaziano da un salvataggio da parte del governo all’opzione di un default.”

“Un salvataggio volto a evitare di mettere a repentaglio le banche creditrici, tutte di Stato, è l’ultima cosa che Pechino dice di voler fare, sia per il costo dell’operazione, sia per il messaggio che arriverebbe a tutto il settore delle costruzioni (che si trova in una situazione non molto diversa da quella di Evergrande) – aggiunge Amighini -. Lasciar fallire Ceg non è quindi un’opzione per Pechino, ma non lo è neppure salvarla, anzi semmai la scelta potrà essere guidata dalla necessità di far pagare un prezzo alto agli investitori privati ed esteri, a mo’ di punizione per avere speculato in un settore centrale nella politica di sviluppo interno del paese.”

Quindi? “La via di uscita probabilmente sarà uno scorporo delle attività del gruppo tra varie imprese di stato, una sorta di nazionalizzazione, per diluirne il peso – conclude l’economista -. Tuttavia, non vi è vera soluzione ai problemi di cassa e di struttura finanziaria di un settore che è servito dal 2009 a sostenere tutta l’economia cinese. Dunque, anche se oggi non si pone il problema di un contagio diretto, l’effetto indiretto sarà indubbiamente molto negativo sul ritmo e sulla qualità della crescita cinese. E ne risentiranno tutti i paesi e i mercati del mondo.”

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