Licenziamenti ammortizzati per 13 settimane. E poi?

Accordo tra Palazzo Chigi e i sindacati per prolungare l’agonia di lavoratori e imprese. Ma nessuno degli attori in campo, governo, sindacati e associazioni datoriali, sembra preoccuparsi del dopo

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Se è vero da un lato che governo e parti sociali “auspicano e si impegnano, sulla base di principi condivisi, ad una pronta e rapida conclusione della riforma degli ammortizzatori sociali, all’avvio delle politiche attive e dei processi di formazione permanente e continua”, dall’altro lato il governo non sembra aver in mente una strategia per gestire la situazione che si verrà a creare al termine di queste ulteriori 13 settimane. Evidentemente per affrontare le conseguenze che si ripercuoteranno sul mercato del lavoro occorrerebbe un piano urgente e non emergenziale. In altre parole, l’unica possibilità di provare a gestire la fine dei sostegni è quella di poter contare (ora) su un piano che consenta di attutire gli inevitabili aggiustamenti sul mercato del lavoro che si verranno a creare a settembre, quando molte imprese chiuderanno probabilmente i battenti e altrettanti lavoratori perderanno il posto. Ma al momento, questo piano non sembra esserci.
Licenziamenti ammortizzati per 13 settimane. E poi?

Le parti sociali - da Cgil, Cisl e Uil a Confindustria - hanno firmato un avviso comune siglato anche dal premier Mario Draghi e dal ministro del Lavoro Andrea Orlando. Prevede un impegno a far ricorso a tutti gli ammortizzatori sociali esistenti prima di ricorrere ai licenziamenti. Le norme non cambiano e al Consiglio dei Ministri verrà approvato il decreto che conferma il blocco solo per il settore tessile, per quello della moda e per il calzaturiero. Ma c'è un impegno ad utilizzare in ogni caso, per tutti, le 13 settimane di cig ordinaria disponibili.

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