Dallo ‘smart-working’ al ‘south-working’

Il lavoro da remoto sta svuotando il Nord e diventando, forse, motore per il Sud

Dallo ‘smart-working’ al ‘south-working’

Città deserte: pochi turisti in giro, uffici svuotati e di conseguenza bar e ristoranti con pochi clienti. E tanti appartamenti senza affittuari. Lo scenario, ad esempio in città come Milano, è un day after da lockdown. È destinato a durare?

Questa è la domanda da porsi come conseguenza sociale ed economica di quello che è stato ribattezzato south-working, ossia il trasferimento dei lavoratori e degli studenti fuori sede rientrati subito dopo la riapertura con la fase 3 nei luoghi di origine. Da dove non se ne sono più andati, continuando a lavorare da lì.

Quello che poteva essere un fenomeno momentaneo legato appunto al subito dopo la fine del lockdown si sta prolungando anche perché gli esami all’università sono a distanza, il lavoro negli uffici ancora in smart-working e dunque che senso ha andare via da casa per tornare in posti dove lavorare/studiare comunque da dentro un appartamento in affitto?

Il risultato è la desertificazione e la crisi economica di quelle città che sui ‘fuori sede’ hanno costruito un’economia. Secondo una stima de Il Sole-24Ore, in 20 anni Milano ha guadagnato circa 100 mila residenti provenienti da altre regioni, soprattutto dal Mezzogiorno, e una parte consistente di questi, con la pandemia, è rientrata nella propria terra, continuando a lavorare online, ma non consumando più a Milano.


E le prospettive? Incerte. Si prevede un ritorno alla normalità ma graduale e non ai livelli precedenti. Lo strumento dello smart-working, che già esisteva, sta conoscendo un boom con il quale ogni ufficio farà i conti. Una modalità di lavoro, quella da ‘remoto’ che è diventata giocoforza l’unico modo per far sopravvivere molte imprese in epoca di lockdown. Milano era una città nella quale circolavano tre milioni di persone al giorno, il doppio dei suoi abitanti. Oggi la città è dei milanesi.

Quello che sta accadendo nel capoluogo lombardo non è isolato anche se in Italia è la città più colpita dal south-working. Il fenomeno riguarda anche tutti quei lavoratori e studenti che stanno studiando e/o lavorando da remoto e non sono più a Parigi, Londra, Barcellona.


La tendenza non riguarda soltanto il nostro paese. ‘The Economist’ a maggio ha pubblicato un’inchiesta (“Working life has entered a new era”), secondo la quale non sarà facile tornare al periodo pre-Covid19: i datori di lavoro risparmiano sui costi e i lavoratori sembrano apprezzare il work life balance (l’equilibrio vita privata/lavoro).

Negli Usa il National Bureau of Economic Reserch, sostiene che lo smart-working rappresenta un cambiamento permanente per il 40% delle imprese.


Sarà davvero così? Intanto, se al Nord si piange per questo fenomeno, al Sud si sorride: i cervelli in fuga sono rientrati e possono, forse, diventare un motore economico per il Meridione.

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