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Da anni evoca passioni e polemiche, ma pochi sanno davvero di cosa si tratta. La tassa patrimoniale, o “tassa dei ricchi”, è un prelievo sulla ricchezza netta, che può colpire beni mobili e immobili, in forma temporanea o permanente, con aliquote fisse o progressive.
In Italia, al momento, non esiste una patrimoniale vera e propria, anche se il tema torna ciclicamente al centro del dibattito politico, soprattutto nei periodi di crisi economica e di tagli ai servizi pubblici.
La proposta Landini: 1,3% sopra i 2 milioni
Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha rilanciato l’idea di un “contributo di solidarietà” pari all’1,3% sui patrimoni netti superiori a 2 milioni di euro. Secondo le stime del sindacato, il prelievo riguarderebbe solo l’1% degli italiani, ma potrebbe garantire 26 miliardi di euro l’anno, da destinare a sanità pubblica, politiche abitative e sostegno alla non autosufficienza. Per Landini, la misura dovrebbe diventare strutturale, per redistribuire la ricchezza e ridurre le disuguaglianze crescenti nel Paese.
Schlein e la patrimoniale europea
Anche la segretaria del Pd, Elly Schlein, ha aperto al tema, ma con una prospettiva più ampia: una tassa europea sui grandi patrimoni. Un’idea che trova sostegno in uno studio dell’Osservatorio Fiscale Europeo, secondo cui un prelievo tra il 2% e il 3% sui patrimoni sopra i 100 milioni o 1 miliardo di euro garantirebbe 67 miliardi di euro annui all’Unione Europea.
Il riferimento teorico è l’economista Gabriel Zucman, autore della proposta francese e tra i massimi esperti globali di elusione fiscale. “I capitali viaggiano più veloci delle persone — ha spiegato Schlein — e serve una risposta comune per fermare la corsa al ribasso fiscale”.
Il caso Francia: la “tassa Zucman” divide
In Francia, Zucman ha proposto una tassa annua del 2% sui patrimoni complessivi superiori ai 100 milioni di euro. Un’imposta che colpirebbe circa 1.800 milionari, scatenando un acceso dibattito tra chi la vede come una misura di giustizia sociale e chi teme la fuga dei capitali. L’obiettivo: ridurre il debito pubblico francese e finanziare la transizione ecologica, facendo pagare di più a chi ha beneficiato maggiormente della globalizzazione.
Chi la applica già: Spagna e Norvegia
In Europa, due Paesi hanno già introdotto la patrimoniale. In Spagna, nata come misura d’emergenza dopo la crisi energetica del 2022, la tassa è diventata strutturale: prevede un prelievo progressivo dall’1,7% al 3,5% sui patrimoni sopra i 3 milioni di euro, con varie esenzioni.
In Norvegia, invece, la tassa patrimoniale risale addirittura al 1892: oggi colpisce i patrimoni oltre i 150mila euro con un’aliquota dell’1,1%. Ma la misura ha avuto un effetto collaterale: una fuga dei milionari verso la Svizzera, dove la pressione fiscale è più bassa.
Una nuova stagione di giustizia fiscale?
Dal sindacato italiano agli economisti francesi, passando per i laboratori fiscali di Bruxelles, l’idea di una tassa sui super-ricchi è tornata di moda. Le ragioni sono evidenti: la concentrazione della ricchezza mondiale è cresciuta ai massimi livelli, mentre gli Stati faticano a finanziare welfare, sanità e transizione energetica. La sfida, ora, è politica: riuscire a trovare un equilibrio tra equità e competitività, evitando che i patrimoni si spostino dove il fisco è più leggero.







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