
Caffè, tè, succhi di frutta, bibite, acqua del rubinetto e in bottiglia: nessuna esclusa. Uno studio condotto da ricercatori britannici e pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment ha analizzato 155 campioni di 31 prodotti diversi, scoprendo la presenza diffusa di microplastiche in tutte le bevande testate. Le particelle identificate sono frammenti di polipropilene, polistirene, polietilene tereftalato e polietilene, materiali comuni negli imballaggi alimentari e nei contenitori monouso.
Il tè caldo è il più “inquinato”
Il record negativo spetta al tè caldo, che presenta una media di 60 particelle per litro, quasi il doppio rispetto al tè freddo (31 particelle per litro). Secondo gli autori, le alte temperature favoriscono il rilascio di microplastiche dai materiali plastici a contatto con le bevande. “I nostri risultati confermano che il materiale di imballaggio in plastica è una delle principali fonti di contaminazione”, si legge nello studio.
Microplastiche: invisibili ma ovunque
Le microplastiche sono minuscoli frammenti compresi tra 1 micrometro e 5 millimetri. Si trovano ormai ovunque: nell’acqua, nell’aria, nei suoli e persino negli alimenti. Possono accumularsi negli organismi viventi e trasportare sostanze chimiche tossiche lungo la catena alimentare. Ogni giorno, l’uomo entra in contatto con queste particelle attraverso cibo, acqua e aria, e i sistemi di trattamento delle acque non riescono a eliminarle completamente.
Acqua, tè e caffè: i principali veicoli quotidiani
Finora la maggior parte delle ricerche si era concentrata solo sull’acqua potabile, ma lo studio britannico ha esteso l’analisi a tutte le principali bevande presenti sul mercato. Risultato: l’esposizione media giornaliera alle microplastiche è pari a 1,65 particelle per kg di peso corporeo al giorno. In altre parole, anche chi pensa di “limitarsi” all’acqua non è al sicuro.
Dentro lo studio: metodi e risultati
Gli scienziati hanno analizzato 31 prodotti commerciali venduti nel Regno Unito, con cinque campioni per ciascun tipo di bevanda. Le microplastiche sono state identificate tramite spettroscopia e imaging microscopico, che hanno permesso di determinare forma, dimensione e quantità delle particelle. Le più comuni? Frammenti di polipropilene, con dimensioni comprese tra 10 e 157 micrometri.
Un problema globale ancora sottovalutato
L’indagine conferma ciò che molti studi iniziano a suggerire: le microplastiche non sono più un fenomeno marginale, ma una presenza quotidiana e costante. Una contaminazione invisibile, che richiede una revisione dei materiali a contatto con alimenti e politiche più rigorose sulla plastica monouso.









