Grano, 2,5 miliardi di persone dipendono da 3 paesi esportatori

Ecco come Russia, Ucraina e Cina tengono in scacco il mondo. Secondo un’analisi del Global Wheat Program, si rendono necessari alcuni interventi di politica economica internazionale per salvaguardare l’approvvigionamento alimentare immediato delle zone più vulnerabili

Grano, 2,5 miliardi di persone dipendono da 3 paesi esportatori

Un’azione politica ed economica internazionale per salvaguardare l’approvvigionamento alimentare in tutte le zone maggiormente vulnerabili e una serie di interventi agricoli per rendere più resilienti le future colture di grano. Questi sono – secondo Alison Bentley, direttrice del Global Wheat Program presso l’International Maize and Wheat Improvement Center di Texcoco (Messico) - i principali interventi necessari per risolvere la crisi del grano provocata dalla combinazione dell’invasione russa dell’Ucraina e le forti piogge in Cina.

“L’invasione dell’Ucraina - spiega la scienziata - ha provocato interruzioni preoccupanti a breve, medio e lungo termine nelle catene di approvvigionamento alimentare globale. I due paesi coinvolti nel conflitto contribuiscono infatti per quasi un terzo alle esportazioni di grano a livello globale. Il Libano, ad esempio, ottiene l’80% del grano dall’Ucraina”.

Con i costi delle materie prime aumentati enormemente, i sei milioni di ettari di coltivazioni di grano in Ucraina potrebbero perire a causa della mancata gestione. Allo stesso tempo, inoltre, le forti piogge nell’Asia orientale stanno compromettendo il benessere delle colture cinesi.

Per risolvere questa complessa situazione - sostiene Bentley - si rendono necessari alcuni interventi di politica economica internazionale per salvaguardare l’approvvigionamento alimentare immediato delle zone più vulnerabili. Inoltre, sarà necessario attuare una serie di interventi agricoli per rendere più resilienti le coltivazioni di grano nei prossimi anni.

“Questo problema è molto più ampio e più profondo rispetto alla difficoltà dei campi trascurati a causa dei bombardamenti - osserva Bentley -. La guerra mette in luce la sconsideratezza di una situazione in cui 2,5 miliardi di persone dipendono pesantemente da tre sole nazioni per l’esportazione del grano. Con i cambiamenti climatici in atto, è assolutamente necessario espandere la coltivazione di grano anche nelle regioni poco produttive”.

Per concretizzare questa prospettiva si dovranno fornire lavoratori qualificati, fertilizzanti e sementi, in particolare negli Stati a basso reddito. “Il germoplasma di grano migliorato può dare origine a piante più resilienti - aggiunge Bentley - ma gli agricoltori devono avere accesso alle migliori pratiche di coltivazione. Si potrebbe utilizzare la genomica per tracciare i possibili patogeni e parassiti delle piante che avrebbero la capacità di compromettere la salute delle coltivazioni”.

In terzo luogo, gli sviluppi nelle scienze e nelle politiche agrarie dovrebbero indirizzare il sostegno alle donne che coltivano nelle zone rurali. La Fao ha stimato che se le donne avessero lo stesso accesso alle risorse rispetto agli uomini, i raccolti potrebbero aumentare del 20-30%, riducendo almeno del 12% il numero di persone che vertono in condizioni di carenza di cibo.

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