La guerra del grano e il protezionismo alimentare

L’indice Fao, che traccia i prezzi del cibo nel mondo, ha toccato il valore massimo dal 1990. Per ogni punto percentuale di aumento dei prezzi alimentari, 10 milioni di persone nel mondo finiscono in condizioni di estrema povertà

La guerra del grano e il protezionismo alimentare

Il prezzo del grano è ai massimi degli ultimi due mesi. Il 16 maggio alla borsa di Chicago i futures sul cereale sono tornati sopra quota 12 dollari al bushel, segnando +50% rispetto a inizio anno. Pesa la decisione dell’India, secondo produttore di grano al mondo (e settimo esportatore), di bloccare il suo export.

Neanche una parziale retromarcia del secondo paese più popoloso al mondo – con l’introduzione di eccezioni al ban per i paesi più vulnerabili – è riuscita a calmare i mercati, preoccupati dal fatto che, oltre all’India, 22 paesi stanno ricorrendo a misure protezionistiche per salvaguardare la sicurezza alimentare interna. L’Indonesia ha bloccato l’export di olio di palma, di cui è la principale produttrice globale. Cina e Russia quello di fertilizzanti.

E poi c’è la guerra. A causa dell’invasione, il 20-30% dei terreni agricoli ucraini rimarrà non coltivato o non raccolto. Ma l’offerta di grano mondiale arranca anche perché 25 milioni di tonnellate (pari al 13% delle esportazioni globali) restano ferme in Ucraina per il blocco navale russo dei porti sul Mar Nero.

Il conflitto e le sanzioni alla Russia impediscono così traffici alimentari pari a un decimo di tutte le calorie scambiate a livello globale. Non una bella notizia per i 26 paesi del mondo che importano più della metà dei loro cereali da Russia e Ucraina.

Gli incrementi di prezzo delle materie prime inevitabilmente si riflettono in un rincaro dei prodotti alimentari. L’indice Fao, che traccia i prezzi del cibo nel mondo, ha toccato il valore massimo dal 1990, anno in cui sono cominciate le rilevazioni. Un trend allarmante, se si considera che per ogni punto percentuale di aumento dei prezzi alimentari, 10 milioni di persone nel mondo finiscono in condizioni di estrema povertà.

Insomma, ai livelli attuali il numero di persone che vive in estrema povertà potrebbe crescere del 50%, da 600 a 900 milioni. E a pagarne le conseguenze sarebbero soprattutto le economie in via di sviluppo, dove la popolazione spende almeno la metà del proprio reddito per l’alimentazione.

Nel 2011 gli alti prezzi del pane furono fra le concause delle cosiddette Primavere arabe. Oggi, che sono superiori del 20% rispetto ad allora, cosa accadrà?

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