
L’amministrazione Trump ha dato luce verde a Nvidia per riprendere la vendita dei chip AI H20 in Cina. La decisione arriva dopo uno stop che era costato al colosso tech oltre 5,5 miliardi di dollari, e fa parte di un accordo commerciale più ampio che include anche terre rare e magneti strategici.
Il rischio? Spingere la Cina a fare da sola (e meglio)
Secondo il Ceo Jensen Huang, limitare le vendite avrebbe solo accelerato lo sviluppo di alternative cinesi. Un esempio concreto? DeepSeek, il modello AI “made in China” che ha sorpreso il mondo con prestazioni simili a Gpt a un costo decisamente inferiore.
H20: chip "limitato" ma strategico
L’H20 era stato creato apposta per rispettare i vincoli USA, offrendo performance inferiori all’H100. Ma anche questo chip era finito sotto embargo, dopo che i suoi utilizzi avevano mostrato il potenziale tecnologico cinese.
Tecnologia statunitense, standard globale
Trump ha cambiato rotta dopo un confronto diretto con Huang. L’obiettivo? Mantenere lo “stack tecnologico americano” come standard globale, proprio come il dollaro lo è per le valute.
Un pezzo del puzzle commerciale Usa-Cina
L’allentamento sui chip si inserisce in una strategia più ampia: meno dazi, più accesso alle terre rare cinesi in cambio di minori restrizioni su software, etano e motori a reazione. Un equilibrio tra interessi economici e sicurezza nazionale.
Le sanzioni hanno un effetto boomerang?
Nonostante i blocchi, la Cina ha accelerato sull’autosufficienza tecnologica. Huawei ha già sviluppato chip AI competitivi, ora usati da Baidu, ByteDance e Tencent. Trump sembra aver capito che isolare troppo Pechino può ritorcersi contro l’industria statunitense.