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Da Oviedo, nel prestigioso Teatro Campoamor, dove ha ricevuto il Premio Princesa de Asturias per la Cooperazione Internazionale, Mario Draghi torna a scuotere le coscienze europee. Secondo i giurati, l’ex presidente della BCE e premier italiano è “una figura chiave della difesa dell’integrazione europea e della cooperazione internazionale”. Ma il tono del suo intervento è tutt’altro che celebrativo: “Quasi ogni principio su cui si fonda l’Unione è sotto attacco. Il mondo è cambiato e l’Europa fatica a rispondere”.
“Solo un federalismo pragmatico può salvarci”
Il cuore del discorso di Draghi è una proposta chiara e concreta: un federalismo pragmatico e tematico, capace di superare la lentezza delle istituzioni europee. “Non possiamo più aspettare riforme impossibili — ha detto — dobbiamo costruire coalizioni di volenterosi su temi strategici, agendo al di fuori dei meccanismi più lenti dell’Ue”. Una visione che anticipa la discussione sul superamento dell’unanimità nelle decisioni chiave, tema che sta dividendo Bruxelles.
Crisi e veti, l’Europa che si blocca da sola
Il monito di Draghi arriva mentre l’Europa vive nuove fratture. Nell’ultimo Consiglio europeo, l’Ue si è espressa a 26 sull’Ucraina, con l’Ungheria ancora una volta fuori dal consenso. In stallo anche la proposta di utilizzare gli asset russi per finanziare la ricostruzione di Kiev, frenata dai veti di Belgio e da dubbi di diverse capitali, Italia compresa. E sul tema della competitività e del Green Deal, le divisioni tra i Ventisette si moltiplicano.
Verso il Consiglio straordinario di febbraio
Il dibattito tornerà acceso il 12 febbraio 2026, durante un Consiglio europeo straordinario dedicato proprio al futuro economico dell’Ue. Protagonisti saranno Mario Draghi e Enrico Letta, autori rispettivamente dei rapporti su competitività e mercato unico. Un tandem chiamato a indicare la rotta in un’Europa che, secondo Draghi, rischia di restare indietro: “La nostra prosperità si è costruita sull’apertura e sul multilateralismo. Ora affrontiamo protezionismo, guerre e isolamento”.
“Serve la volontà politica di agire”
Draghi non nega che l’Europa abbia saputo reagire in passato — dal debito sovrano alla pandemia — ma oggi la sfida è più complessa: “Abbiamo promesso leadership climatica, ma ora sosteniamo costi crescenti mentre altri si ritirano”. E chiude con una domanda che risuona come un appello:“Quanto grave deve diventare una crisi perché i nostri leader uniscano le forze e trovino la volontà politica di agire?”









