Perché il Kenya è a corto di dollari?

Il motore economico dell'Africa orientale si è inceppato

Perché il Kenya è a corto di dollari?

Erano anni che il Kenya, con un'economia vivace e diversificata, non fosse costretto a preoccuparsi seriamente per le sue finanze. La carenza di dollari è ormai un problema molto serio. Secondo il capo dell’Associazione degli industriali kenioti (KAM), Anthony Mwangi, “potremmo arrivare a una situazione in cui, quando vai al supermercato, non trovi più sugli scaffali prodotti di produzione locale”. Le imprese keniote sono infatti costrette a importare circa l'80% delle loro materie prime, in dollari, e faticano ad ottenere dalle banche i preziosi biglietti verdi.

Il segno principale di questa carenza, iniziata un anno fa, è che le riserve della Banca centrale si sono ridotte al valore minimo degli ultimi dieci anni: con 6,4 miliardi di dollari (5,87 miliardi di euro), ora coprono solo 3,6 mesi di importazioni.

Diversi fattori hanno portato a questa situazione. In primo luogo, lo squilibrio strutturale tra esportazioni e importazioni, caratteristico di molti Paesi africani, è peggiorato sotto gli effetti combinati del Covid-19, della guerra in Ucraina e di una siccità record. Pertanto, nel terzo trimestre del 2022, le esportazioni sono state pari a circa 1,9 miliardi di dollari, mentre l’import è salito a 4,9 mld. Dal lato delle entrate, i prodotti di punta come tè, caffè e prodotti floreali hanno sofferto della pandemia, così come il turismo.

Allo stesso tempo, le politiche monetarie della Fed, la Banca centrale americana, hanno reso il dollaro più caro. Una situazione che ha colpito il Kenya come molti altri paesi in via di sviluppo.

In Kenya ci volevano 99 scellini kenioti per comprare 1 dollaro prima della pandemia: questa cifra è salita a 132 secondo il cambio ufficiale. Tale deprezzamento si è combinato, in seguito alla guerra in Ucraina, con un’impennata globale dei prezzi come quelli dei generi alimentari, che hanno ulteriormente accresciuto il fabbisogno di dollari.

Parallelamente, il governo ha iniziato a rimborsare ingenti rate del debito contratto negli ultimi quindici anni per finanziare lo sviluppo delle infrastrutture, con progetti di punta come la ferrovia che collega la capitale al porto di Mombasa, sull'Oceano Indiano. Prestiti sistematicamente contratti in dollari. Attualmente, Nairobi sta rimborsando da 150 milioni a 500 milioni di dollari su base mensile secondo i dati della Banca mondiale.

Infine, come sottolinea Rufas Kamau, questa scarsità ha favorito un fenomeno di “accaparramento” da parte delle banche dei propri dollari, accentuandone la penuria.

Secondo gli analisti, però, la situazione potrebbe migliorare nel medio periodo. In primo luogo, in seguito all’allentamento della politica monetaria da parte della Fed, lo scellino potrebbe riprendersi nei prossimi mesi.

Inoltre, il Kenya è in attesa di nuovi aiuti da parte della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale che permetterebbero di ricostituire le riserve della Banca Centrale, mentre il governo ha concluso accordi con Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti per la fornitura di carburanti a credito per sei mesi. Una soluzione, seppur temporanea.

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