Alla Reynaldi, azienda di Pianezza (Torino) che produce cosmetici per conto terzi, gli straordinari non sono graditi. “Il bene più prezioso è il tempo. Sfido chiunque a dimostrare il contrario. Per me il tempo della vita, lo stare in famiglia, coltivare interessi e passioni, sono elementi di competitività anche per l’impresa – spiega al Corriere della Sera Marco Piccolo, 46 anni, imprenditore e ceo dell’azienda -. Sono convinto che il profitto non sia un obiettivo primario, ma è una conseguenza naturale per un’azienda che vuole produrre valore oltre a oggetti e servizi.”
“Creare un valore condiviso e un impatto positivo sulle persone, la società e la natura”. “Ma non fatemi passare per un buono – dice Piccolo -. Preferisco parlare di business, di migliori performance, di circolo virtuoso tra capitale e lavoro.” La fabbrica Reynaldi lavora su un turno solo. Il che riduce i volumi delle commesse, ma “garantisce più tempo libero ai miei collaboratori, fa risparmiare (meno energia utilizzata), e “ci spinge ad avere una organizzazione più efficiente”.
Secondo Piccolo le persone soddisfatte sono lavoratori migliori. “Lavorare meglio in minor tempo significa risparmio economico e più produttività”. L’azienda cresce in media del 27% l’anno. Un solo dipendente nel 2000, oggi ne ha 60. “Preferisco assumere un nuovo dipendente che far lavorare un’ora in più i miei collaboratori”. Il risultato è che l’organizzazione del lavoro così concepita ha fatto lievitare i profitti. L’imprenditore ha deciso di distribuire il 30% degli utili ai dipendenti.
Certo, dividere il profitto ha un prezzo per l’azionista. “Non mi posso permettere un’auto di lusso. Ma preferisco guidare una vecchia Fiat Idea e avere addetti felici che salire ogni giorno su una Ferrari e lasciarmi alle spalle dipendenti frustrati”.
Presi per il PIL