La Nigeria e l’economia in miniatura

La crisi nella prima economia africana spinge a offrire beni e servizi in miniatura

La Nigeria e l’economia in miniatura

Nel febbraio 2019 la Eat’n’Go, concessionaria nigeriana del famoso marchio di pizza Domino’s, ha introdotto una versione in miniatura delle solite scatole per la pizza, a un costo di 550 naira (1,23 euro). Più piccola ed economica della pizza di medie dimensioni, che costa 3.900 naira (8,75 euro), questa nuova versione è stata ideata per essere alla portata di tutti. Una decisione ritenuta necessaria, vista l’instabilità economica di questo periodo.

Dal 2015 la Nigeria, l’economia più grande dell’Africa con una popolazione di 206 milioni di abitanti e un Pil pro-capite poco superiore a 2mila dollari (come riporta My Data Jungle), è entrata due volte in recessione e la valuta domestica è crollata perdendo il 70% del suo valore rispetto al dollaro.

Secondo un recente rapporto della Banca mondiale, entro il 2022 i poveri nel paese saranno 95,1 milioni, oltre il 40% della popolazione. E mentre gli effetti economici negativi provocati dalla pandemia tardano a svanire, i prezzi dei prodotti di base continuano ad aumentare per effetto dell’invasione russa in Ucraina.

Un rapporto del 2022 del National bureau of statistics (Nbs) mostra come il tasso di inflazione annuo della Nigeria abbia subìto un’accelerazione per il terzo mese consecutivo (ad aprile si è attestata al 16,82%), seguendo la tendenza di un aumento globale dei prezzi dei prodotti di base.

Per i nigeriani il risultato finale è un potere d’acquisto inferiore e meno soldi nei loro conti correnti. Anzi, secondo la Nigeria deposit insurance corporation, se è vero che nel dicembre 2021 i conti correnti bancari attivi nel paese erano 133,5 milioni, nel 99% di questi conti c’erano circa 1.100 euro. Di fronte a una simile realtà, imprese come la Eat’n’Go scelgono una strategia di marketing sachet, o “in miniatura” per restare in attività.

In Nigeria la “miniaturizzazione” è praticata da decenni ed è una strategia prevalente in altri mercati emergenti come quello delle Filippine e dell’India. In questo modo – secondo l’economista nigeriano Shakirudeen Taiwo - le aziende hanno potuto soddisfare fino all’80% della richiesta. Questa strategia attutisce gli effetti dell’inflazione, anche se i clienti devono sacrificare la quantità. E, forse, anche la qualità?

Secondo Taiwo, “in Nigeria abbiamo oltre il 75% delle famiglie che vivono con meno di 5-7 dollari al giorno (4,5-6,5 euro). È una percentuale enorme. Perciò le aziende cominciano ad adattare i loro prodotti alle persone che rientrano in questa fascia di reddito, che rappresentano la maggioranza della popolazione”.

La miniaturizzazione è una tendenza in atto anche nel settore tecnologico nigeriano e sta influenzando il modo in cui sempre più startup stabiliscono i prezzi per i loro prodotti. Il settore è ancora agli inizi, ma è considerato da tutti promettente. Nel 2021, il 60% circa (1,5 miliardi di euro) di tutti i fondi raccolti dalle startup tecnologiche con sede in Africa (pari a 2,71 miliardi di euro) è andato proprio alla Nigeria.

Ma anche la finanza non sfugge, come dimostra la storia di Yanmo Omorogbe, cofondatrice e amministratrice delegata della piattaforma di investimenti Bamboo. Aziende come la sua – spiega - devono tenere conto delle realtà del mercato per creare prodotti adatti a quest’ultimo. Usando a proprio vantaggio il partenariato con un intermediario di borsa statunitense, Bamboo consente ai nigeriani di partecipare al mercato azionario degli Stati Uniti a partire da un investimento minimo di dieci dollari (9,3 euro). A questi prezzi, perché non sognare?

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