Il lavoro mutante

Il mercato del lavoro appare oggi senza storia né coscienza e incapace di generare diritti. È tornato a essere soltanto una merce?

Il lavoro mutante

L’intelligenza artificiale, l’automazione, l’industria 4.0 e la robotica potrebbero creare milioni di posti di lavoro. Ma ciò sarà possibile solo se verranno colte a pieno le nuove opportunità e i vantaggi di questo processo di innovazione radicale in continua evoluzione. Nel caso contrario, robot, macchine intelligenti e tecnologie software avanzate, man mano che le competenze diventano obsolete, porteranno alla distruzione dell’intero mercato del lavoro, generando crisi sociale ed economia di grande portata ed ampiezza storica.

Secondo il nuovo Rapporto Lavorare per un futuro migliore dell'Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) servono maggiori investimenti economici in innovazione tecnologica, ma soprattutto in termini di formazione, competenze e diritti.

Negli Stati Uniti, il 47% dei lavoratori è a rischio disoccupazione, per via dell’integrazione crescente di robot e software nel processo lavorativo degli impianti. Entro 20 anni in Asia, accadrà la stessa cosa per il 56% dei lavoratori. In uno studio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, pubblicato nel 2016, tra il 50 ed il 70% dei lavoratori di tutto il mondo potrebbe veder automatizzata una larga parte delle proprie mansioni. La Banca Mondiale ha fissato in quasi due terzi la forza lavoro mondiale che potrebbe essere completamente sostituita dalle macchine, mentre per il Forum economico mondiale il 50% delle imprese più grandi ha messo in conto una riduzione delle mansioni umane entro il 2022.

A tutto questo bisogna aggiungere la variabile dei cambiamenti climatici. Secondo una stima dell'Oil del 2018, l’applicazione degli accordi di Parigi della COP21 causerebbe una prima perdita di circa 6 milioni di posti di lavoro, ma allo stesso tempo, con l’emergere della green economy, delle tecnologie ecocompatibili e dell’energia pulita, se ne creerebbero più di 24 milioni di nuovi.

Se nel 2017 sono stati investiti a livello globale oltre 33 miliardi di dollari nel settore dei robot industriali, ad oggi i disoccupati nel mondo sono più di 190 milioni, con oltre 300 mln di occupati che lavorano in condizioni umilianti e disagiate. Sono, inoltre, quasi 3 mln i lavoratori nel mondo che ogni anno muoiono per mancanza di tutele e di sicurezza sul lavoro.

Nonostante l’automazione dovrebbe liberarci dal lavoro più faticoso e soprattutto farci lavorare di meno, ad oggi il 40% degli occupati ancora lavora un numero eccessivo di ore, mentre cresce la disuguaglianza economica e sociale e le donne sono pagate in media il 20% in meno dei colleghi uomini.

Per cambiare la situazione e per fare in modo che l’innovazione tecnologica sia vissuta come un vantaggio dai lavoratori e non come una minaccia, l’Oil suggerisce di ripartire dalla persona, puntando su politiche di lungo periodo con l'obiettivo di governare il cambiamento e non subirlo. Altrimenti, l'ineludibile destino appare segnato: un lavoro senza storia né coscienza e incapace di generare diritti. Con il rischio che torni ad essere solo una merce.

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