Vaniglia, storia di un amore (quasi) impossibile

La produzione globale, resa difficile anche dalla natura, è concentrata in un paese: il Madagascar. Così dallo scorso, dopo che il ciclone Enawo ha sferzato l’isola, il prezzo è salito alle stelle. E cresce anche la domanda di baccelli naturali. Ma basteranno per tutti?

Vaniglia, storia di un amore (quasi) impossibile

I coltivatori devono difendersi dai ladri che vagano per le campagne alla ricerca di una cosa: la vaniglia del Madagascar. I furti sono spesso violenti come dimostrano i numerosi omicidi connessi al prezioso frutto. Il motivo è in quel mix unico e irripetibile dove la foresta incontra il mare, l’umidità e le temperature moderate, tutte condizioni ideali per la coltivazione della vaniglia, i cui baccelli sono venduti ad un prezzo altissimo.

A migliaia di chilometri di distanza, i consumatori specialmente nelle economie avanzate sono in realtà abituati a sentire la vaniglia sia con il gusto che con l’olfatto - dalle candele alla creme brulees. Ma il più delle volte è artificiale. Gli scienziati hanno creato la vanillina sintetica nel 19° secolo e nel corso del tempo è stata estratta da carbone, catrame, crusca di riso, pasta di legno e, persino, sterco di vacca. Oggi, invece,la gran parte proviene da prodotti petrolchimici. E il vantaggio è nel prezzo, la versione artefatta può risultare fino a 20 volte più economica del prodotto naturale.

Il che ci riporta in Madagascar, dove 80.000 coltivatori producono più vaniglia di qualsiasi altro paese, quindi quello che succede lì interessa anche l'industria globale. Nel marzo 2017 il ciclone Enawo ha sferzato il paese e distrutto buona parte del raccolto annuale. Il problema è che occorrono da tre a quattro anni per poter raccogliere i baccelli dopo aver reimpiantato la coltivazione. E i prezzi sono saliti alle stelle. Cinque anni fa, 1kg di bastoncini neri che vediamo sminuzzati nel gelato alla vaniglia costava 20 dollari. Nel 2018, dopo aver superato per un breve periodo il valore dell'argento raggiungendo i 600 dollari, sembra essersi stabilizzato attorno ai 500 dollari.

Il prezzo è forse giustificato anche da un altro miracolo. Sebbene l'orchidea di vaniglia sia originaria del Messico, all’inizio del XIX secolo i coloni francesi la portarono sull’isola di Réunion, dove crebbe senza però dare frutti. Alla fine i coltivatori capirono perché. Il polline è accessibile soltanto ad una piccola ape che vive in Messico. È l’unica ad esser riuscita a fertilizzare i fiori. Tuttavia, la natura complica la possibilità di affidarsi alle api: le orchidee fioriscono per un giorno all'anno e la finestra temporale della fertilità dura appena 8-12 ore.

Ma a un certo punto l’amore smise di essere (quasi) impossibile, A Réunion uno schiavo di nome Edmond inventò un metodo per impollinarle manualmente. Scoprì che poteva sollevare la fragile membrana tra le parti maschile e femminile del fiore con un bastoncino sottile per consentire l'impollinazione. È un’operazione che va ripetuta su ogni singolo fiore. E ne occorrono 600 per produrre 1 kg di baccelli.

Ci sono, pertanto, considerevoli difficoltà produttive e gli effetti sull’ambiente legati allo sfruttamento eccessivo della terra non tarderanno ad arrivare. Oltre a ciò, sebbene sia lodevole il passaggio a cibi più sani, non è ipotizzabile un mondo nel quale tutti coloro che potranno permetterselo saranno liberi di gustare un gelato alla vaniglia naturale. A (più di) qualcuno toccherà quello fake. È forse giunto il momento di ripensare il consumo legato alle materie prime alimentari? Soprattutto quelle distanti migliaia di chilometri anche in considerazione dell’impatto ambientale legato al trasporto?

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato su LA STAMPA

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