Oms, i problemi non sono iniziati con Trump. E neanche con la Cina

I contributi obbligatori all’Oms sono passati dal 62% nel 1970/71 al 28 nel 2006/7, mentre i contributi volontari sono passati dal 18% al 72. Il problema è che nessuna organizzazione può elaborare piani credibili a lungo termine basati su contributi volontari, che per natura sono fluttuanti. Nel corso degli anni gli Stati Uniti e (anche) l’Ue hanno indebolito l’Oms privandola di finanziamenti (certi) a lungo termine.

Oms, i problemi non sono iniziati con Trump (e la Cina)

I paesi europei farebbero dunque bene ad ammettere che negli ultimi decenni è stato un errore rendersi silenziosi complici delle amministrazioni statunitensi che hanno progressivamente cercato di indebolire le organizzazioni multilaterali, compresa l’Oms. 

Fino alla decisione di Donald Trump di portare il proprio paese fuori dall’Organizzazione con sede a Ginevra. Ma il suo possibile successore alla Casa Bianca (Joe Biden) ha già annunciato che “rientreremo nel mio 1° giorno di presidenza”, seguendo così il consiglio di Bill Clinton.

Secondo l’ex presidente americano è nell’interesse a lungo termine degli Usa “creare un mondo con regole, partenariati e abitudini comportamentali che consentiranno agli statunitensi di sentirsi più a loro agio anche quando gli Stati Uniti non saranno più la potenza mondiale dominante”.

Per raggiungere questo obiettivo occorre il multilateralismo, avversato da Trump ma anche da altri paesi, al di là delle dichiarazioni di facciata. Eppure il multilateralismo servirebbe a rilanciare gli interessi europei nel lungo periodo e anche della stragrande maggioranza dei 7,8 miliardi di persone del mondo che desidera (probabilmente) istituzioni globali più forti.

E proprio perché ci stiamo muovendo verso un mondo multipolare, la soluzione per affrontare le sfide globali è rafforzare le organizzazioni multilaterali legittime a livello mondiale, non quelle orientate esclusivamente all’Occidente (come la Nato).

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