Lingotti, titoli di Stato e gioielli. Il tesoro afgano è bloccato all’estero

Per il nuovo regime talebano sarà arduo impossessarsi del ‘tesoretto’’

Lingotti, titoli di Stato e gioielli. Il tesoro bloccato all’estero

I talebani si stanno impossessando dell’Afghanistan, ma faticheranno molto di più a mettere le mani sulle sue ricchezze finanziarie: lingotti d’oro, riserve in valuta straniera, titoli di stato americani e i 21 mila gioielli degli Ori di Bactrian che valgono in tutto qualcosa come 9,5 miliardi di dollari (metà del Pil annuo nazionale). Il punto è che sono quasi tutti custoditi all’estero.

Nel frattempo gli Stati Uniti hanno congelato gran parte di questo tesoretto di beni che appartengono alla Banca centrale dell’Afghanistan, la Da Afghan Bank, e che si trovano principalmente negli USA e hanno interrotto i trasferimenti di denaro verso il Paese asiatico.

Un funzionario del governo di Washington ha confermato la notizia del congelamento dei beni afghani negli USA a Bloomberg il 17 agosto, specificando che questi non saranno resi disponibili ai talebani, i quali sono schedati nella lista di designazione per le sanzioni del Dipartimento del Tesoro.

Resta, inoltre, da capire come sarà gestita la quota dell’Afghanistan di uno stanziamento in sospeso di 650 miliardi in Diritti speciali di prelievo (Dsp) presso il Fondo monetario internazionale. La distribuzione dei Dsp, l’unità di cambio del Fondo basata su dollari, euro, yen, sterlina e yuan, mira a sostenere le riserve dei Paesi in via di sviluppo che hanno avuto difficoltà a causa della pandemia di coronavirus.

Come membro dell’Fmi, l’Afghanistan ha diritto a uno stanziamento di circa 455 milioni di dollari, in base alla sua quota dello 0,07% nel Fondo. Al momento, non è detto che i talebani potranno usufruire di tali mezzi e ciò dipenderà dagli altri Paesi che partecipano all’organizzazione con sede a Washington. Nel 2019, ad esempio, l’Fmi aveva sospeso l’accesso del Venezuela ai suoi Dsp dopo che più di 50 Stati membri, che rappresentano la maggioranza, si sono rifiutati di riconoscere il governo di Nicolas Maduro come esecutivo legittimo del paese dell’America latina, a seguito delle elezioni del 2018.

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