
Non si vedeva un Donald Trump così dai balletti negli stadi. Il vertice dell’Aja della Nato ha sancito il suo ritorno sulla scena globale da mattatore. Raggiante, incline alla battuta e, soprattutto, adulato dai presenti.
Durante il vertice olandese, tutto è girato intorno al presidente statunitense. È sembrato di assistere ad una seduta di psicanalisi, in cui quasi tutti i leader (con l’eccezione spagnola, il cui premier è stato l’unico a opporsi all’idea trumpiana di portare le spese per la difesa al 5%) sono sembrati impegnati a far contento Trump piuttosto che ad una riunione diplomatica.
In tutto ciò, la questione principale del vertice, ovvero il conflitto Mosca-Kiev, non è stato praticamente affrontato (come ha evidenziato il governo lituano). Un’altra nota stonata è stata l’assenza di paesi del calibro di Giappone (che non ha per nulla gradito il paragone di Trump tra l’attacco all’Iran dei giorni scorsi alle bombe su Nagasaki e Hiroshima), Corea del Sud, Australia.
Ma l’aspetto che forse impressiona di più sono i commenti piuttosto positivi, rispetto all’esito del vertice Nato, rilasciati dalle principali testate europee. Per l’Europa l’incontro all’Aja è stato davvero così positivo? Andiamo per gradi.
1 Come sarà finanziato l’aumento vertiginoso della spesa militare appena deciso? Ad oggi, nessun paese ha fornito risposte concrete su questo punto. Resta il fatto che le alternative sono due: si può ridurre la spesa pubblica oppure aumentare le tasse. A meno che l’Ue non pensi al debito comune, come nel caso Recovery Fund. Ma, al momento, appare un’ipotesi lontana dalla realtà.
2 Il moltiplicatore (ovvero l’effetto sull’economia) della spesa militare non è così alto come alcuni credono. L’impatto economico positivo di questi aumenti di spesa dipende dalla composizione della spesa stessa e dal grado di attivazione della domanda interna ma, secondo le recenti proiezioni dell’Upb, un euro speso sull’incremento della spesa per la difesa produce un ritorno inferiore a quell’euro iniziale.
3 In ogni caso, una quota significativa dell’aumento di spesa sarà dirottata negli Usa piuttosto che in Europa: secondo alcune stime, almeno il 50% dell’aumento di spesa si tradurrà in un incremento delle importazioni dagli Stati Uniti, limitando ulteriormente le ricadute economiche sull’Europa.
4 Il paradosso è che numerosi studi dimostrano che la svolta – nell’ottica di chi sostiene la necessità di un riarmo dell’Europa – sarebbe la creazione di un esercito europeo, visto che attualmente ogni singolo paese è dotato di propri armi, mezzi e competenze, generando un abnorme spreco di risorse e duplicazioni varie. Ecco allora che, ancora prima di pensare a un aumento della spesa militare, il primo passaggio sarebbe quello di efficientare la spesa stessa, cominciando a progettare un esercito comune e una politica estera comune. L’Europa sarebbe indubbiamente più forte se potesse contare su un esercito comune, dotato delle medesime armi e degli stessi mezzi. Ad oggi, tutto questo appare un’utopia, anche perché gli Stati Uniti, a cominciare da ben prima di Trump, hanno sempre avversato la creazione dei cosiddetti ‘Stati Uniti d’Europa’, che a quel punto diventerebbero agli occhi di Washington potenzialmente troppo ‘concorrenziali’. Eppure, sarebbe una strada percorribile, magari attraversandola per fasi graduali, se solo ci fosse la volontà politica a livello comunitario.
5 Ci sarebbe poi un altro aspetto da considerare. L’industria militare, oltre ad essere particolarmente energivora, richiede ingenti quantità di terre rare. Che l’Europa non ha. Su questo, cosa è emerso dal vertice Nato? Nulla. In compenso, le terre rare del paese prossimo all’Ue che ne detiene in una certa quantità, ovvero l’Ucraina, sono state spartite principalmente tra Usa e Russia.
In estrema sintesi, l’Europa sta consapevolmente andando nella direzione sbagliata, aumentando la spesa militare su base nazionale (anziché europea) piuttosto che razionalizzare e rendere più efficiente quella esistente; così facendo il Vecchio Continente rischia, tra l’altro, di mettere definitivamente in crisi i propri sistemi di welfare state, che poi rappresentano uno dei principali elementi di distinzione tra l’Europa e il resto del mondo. Ma ancora per quanto? Il che ci riporta alla tesi iniziale: il vertice de L’Aia è stato un successo? Se l’obiettivo era gongolare Trump, allora sì, è stato un successo.